Cristiano Gatti
nostro inviato a Limone Piemonte
Sorridi, Ivan, sorridi. Sorridi sul traguardo con il candore della tua bimba, che nei momenti neri di questo Giro ti ha rimesso in piedi continuando a ripetere le frasi di sempre, come se niente di fosco fosse mai successo: «Vinci papà, sei forte papà».
Sorridi, Ivan, sorridi. Sorridi perché le montagne non sono tutte uguali, così come i giorni della vita: soltanto domenica scorsa stavi in vetta allo Stelvio, tre quarti d'ora dopo il passaggio dei primi, statua da museo delle cere, con il diesse Riis a pronunciare poche parole pietose, «Ivan, fermati, non voglio vederti soffrire così», con tutta un'Italia ignara che finalmente imparava a conoscere di quale stile, di quale sopportazione, di quale dignità tu sia capace, e con te che subito risalivi in bicicletta obbedendo a una solenne promessa: «A Milano ci arrivo, fosse anche in ambulanza. Ma se per caso guarisco in tempo, onorerò questo Giro a modo mio...».
Sorridi, Ivan, sorridi. Non è quello che sognavi, la grande vittoria finale in un Giro d'Italia già ipotecato a Firenze e poi griffato a Zoldo Alto, ma per tornare a sorridere basta questo arrivo solitario, il primo della tua vita di campione appena nato, a pugni alzati, come hai sempre promesso alla tua bambina, con lo stesso sorriso suo, di bambino cui abbiano appena restituito il gioco preferito.
Sorride, Ivan, sorride. All'uscita dal tunnel, imbucato nel terribile week-end dolomitico per colpa di un virus, vede già la luce di Limone Piemonte. Non ha bisogno di aspettare il Tour, per riprendere la sua corsa verso il meglio. Ricomincia già da qui, da questo Giro d'Italia massacrante e incertissimo che credeva d'averlo perso, scoprendosi esso stesso un po' più mesto e un po' più povero. Tutto il giorno sempre coi migliori, come al Tour dell'anno scorso, come soltanto pochi giorni fa. Poi, sull'ultima salita, lo scatto che nessuno gli conosceva, per liberarsi dei cinque compagni di fuga. In questi precisi istanti, tra la folla commossa che applaude il campione sicuramente più amato, riemerge malinconico un limpido rimpianto: questo è Ivan Basso, il vero signore del Giro, se solo uno stupido virus, quel giorno, non avesse deciso di attaccarlo a tradimento...
Voltati, Ivan, voltati e guarda. L'altro Giro, ormai estraneo al tuo, procede imperterrito verso lo spareggio dell'ultima tappa di montagna, domani, a poche ore da Milano. L'unica cosa certa è l'incertezza, il che depone a favore di un percorso magnifico e di interpreti che si equivalgono. Guardali, Ivan, guardali e coltiva una legittima rabbia. Li avevi battuti, li avresti battuti. Ogni giorno si affrontano senza risparmiare una goccia di sudore, si scambiano un sacco di colpi come in un saloon senza sceriffi, ma mai una volta che ne resti in piedi soltanto uno. Barcollano tutti, ma tutti restano in piedi. Il più tenace è il solito Gilberto Simoni, che ancora una volta spreme la squadra per l'attacco finale, senza però infliggere il pugno del ko. A Limone resta con Rujano, venezuelano mignon, che alla fine lo batte pure nella volata per il secondo posto. Dietro, Savoldelli salva le ossa, mentre paga una tassa più salata il valoroso Di Luca. Cunego? Per favore, non ne parliamo: un gregario perfetto e leale. Ma gregario. Lui, il purosangue.
Guardali, Ivan, guardali e ricomincia a batterli. Oggi c'è la cronometro che dovrebbe chiarire qualcosa tra loro, sorridendo soprattutto a Savoldelli. Ma sarà domani, sul terribile Colle delle Finestre, sterrato come usava una volta, che finalmente dovranno chiarirsi, una volta per tutte, quasi fosse lo spareggio-scudetto.
Sorridi, Ivan, sorridi. Consolati pensando quello che sta pensando tutta Italia: loro vincono, tu sei il migliore.
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