Dalla sospensione «a divinis» al ritorno nella sua parrocchia

Era un teologo rimasto profondamente legato alle posizioni tradizionali, avverso al progressismo, estimatore di Papa Ratzinger, particolarmente attratto dalla mistica, ma al contempo innamorato della politica, la sua giovanile vocazione, in qualche modo riscoperta negli anni della maturità, quando già vestiva l’abito talare. Il rapporto di don Gianni Baget Bozzo con le gerarchie cattoliche, un percorso di alti e bassi, è culminato con la sospensione a divinis, che per anni lo ha tenuto lontano dalla celebrazione della Messa prima della riabilitazione.
Dopo la laurea in giurisprudenza, Baget Bozzo milita nella Democrazia cristiana ed è vicino a Paolo Emilio Taviani e Fernando Tambroni. Proprio com’era in precedenza accaduto a un altro militante democristiano, - Giuseppe Dossetti, seppure da posizioni alquanto diverse -, Baget Bozzo decide di abbandonare la politica e di farsi prete. È il cardinale Giuseppe Siri, che lo stima e gli vuole bene, a ordinarlo sacerdote nel 1967. Con Siri, uno degli indiscussi protagonisti della vita della Chiesa della seconda metà del Novecento, don Baget condivide il giudizio sulla crisi del post concilio. Il cardinale gli fa dirigere «Renovatio», la rivista nata per contrastare un’altra più famosa rivista, «Concilium», punto di riferimento dell’ala progressista.
«Le mie idee religiose si basano su questo assunto: Dio ha creato l’uomo e non viceversa», è la frase che don Gianni ripete più spesso. L’antico amore per la politica, però, poco a poco riemerge. Don Gianni, che rimane un personaggio a sé stante nel clero genovese, dov’è incardinato, comincia a far impensierire Siri per le sue sortite pubbliche.
Nel mirino del sacerdote c’è il compromesso storico tra la Dc e il Pci, che Aldo Moro sta portando a compimento nella seconda metà degli anni Settanta. Baget Bozzo avversa quell’abbraccio tra il partito dei cattolici italiani e il più forte partito comunista d’Europa. In quel periodo Baget Bozzo si avvicina a Bettino Craxi. Siri cerca di chiudere un occhio. Per un certo periodo a don Gianni è vietata la celebrazione della Messa e la predicazione in pubblico.
Poi, nel 1984, quando don Gianni accetta la candidatura al Parlamento europeo nelle liste del Psi nella circoscrizione di Bari, la Curia genovese deve intervenire più duramente. Ma il vecchio cardinale non vuole prendere un provvedimento amministrativo contro Baget. Non se la sente. Decide quindi di far istruire un processo diocesano: saranno altri a giudicare l’operato del suo pupillo. La conclusione, inevitabile e prevista, è la sospensione a divinis, vale a dire il divieto di celebrare i sacramenti, non soltanto in pubblico ma anche in privato, inflittagli nel 1985.
Il sacerdote continua per la sua strada ed è rieletto anche nel 1989.
Nel frattempo Siri, che ha continuato a volergli bene e a guardarlo con simpatia, era stato sostituito alla guida della diocesi genovese dal cardinale Giovanni Canestri. Concluso il mandato parlamentare, Baget Bozzo chiede di essere riammesso all’esercizio delle facoltà sacerdotali, che gli vengono concesse nel 1994, nonostante qualche titubanza espressa dall’allora Segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Dionigi Tettamanzi.
Quell’anno nasce Forza Italia, e don Gianni è tra i consiglieri del Cavaliere. L’anno successivo Tettamanzi succede a Canestri come arcivescovo di Genova.

Baget Bozzo continua a fare il prete e a scrivere (anche) di politica, prendendo posizioni che gli procurano un ammonimento del nuovo cardinale, ma che non provocano ulteriori rotture. Ed è significativo che a presiedere i funerali, lunedì, sia il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei.

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