Mentre stiamo ancora qui a discutere sulla ripresa autunnale di Santoro&Dandini e intanto che le sempiterne repliche estive insultano il 46 per cento degli italiani rimasti a casa, in America l’industria della tivù via cavo fa sul serio. E pensa ai telespettatori della pay-tv, partendo dal piccolo schermo a grande budget. La scommessa, infatti, si gioca sulla disaffezione: come fare a convincere gli utenti della cavovisione a non disdire gli abbonamenti in corso? La risposta è semplice: bisogna investire. Perciò anche l’ultimo dei produttori d’intrattenimento indipendenti Usa è pronto a sborsare parecchi milioni di dollari, pur d’inchiodare al teleschermo gli utenti ormai stufi di medici, avvocati e poliziotti, fin qui protagonisti di serie anche fortunate, ma giunte al capolinea.
Dopo l’orgia dei professionisti contemporanei, più o meno nevrotici, più o meno alle prese con problemi di routine, scocca l’ora del dramma storico molto costoso e pieno di dettagli raffinati e di lusso, pensati apposta per intrigare la classe media, oppressa dalle tasse. D'altronde, l’epica sontuosa non è cosa nuova. Basti pensare al kolossal Ben Hur, oppure a Nascita di una nazione di D.W. Griffith, o ancora al colosso da manuale Via col vento di Cecil B. DeMille, sinonimi d’un gigantismo spettacolare, basato sulle grandi saghe storiche. Così, se i reality show sbiadiscono ogni giorno di più, diventando merce grossolana invendibile, ben vengano le serie di punta, che costano molto, ma rendono altrettanto, se non di più, in termini di audience e di vendibilità estera.
Apripista di tale tendenza è la Hbo, già nota al pubblico italiano per la sfarzosa serie Rome, incentrata sull’impero romano e i suoi fasti (1.250 paia di sandali made in Bulgaria, 250 tuniche, 40 cavalli e 750 comparse per la scena del trionfo di Cesare...). E all’impero ritorna, datandolo però anni Venti e Trenta, con Boardwalk Empire, dodici episodi d’autore, firmati da Martin Scorsese e con Stephen Graham nei panni di Al Capone, atteso al varco per il 19 settembre, con la messa in onda della prima puntata. I numeri sono impressionanti: budget di 5 milioni di dollari a puntata; 150 tonnellate d’acciaio per ricostruire i pontili di una Atlantic City in pieno proibizionismo; 225 attori sul set, oltre 1000 comparse e 200 giorni per girare, fanno di Boardwalk Empire (con Steve Buscemi nel ruolo di Enoch Nucky Thompson, corrotto boss della politica) una drammatica saga, che impegna il doppio delle risorse standard. Il classico stile Scorsese (musica d’opera, mentre il sangue d’un gangster italiano segue i contorni d’un mosaico sul pavimento) fa di questo dramma un successo annunciato. «Alle solite cose dovevamo darci un taglio, con qualcosa di più interessante da seguire», dice Michael Lombardo, presidente della Hbo. I drammoni di lungo periodo attraggono l’attenzione domestica e le vendite internazionali aumentano, perché certe storie sono universalmente note (per tacere dei dvd, che hanno fatto la fortuna dell’emittente britannica Bbc, da sempre attestata sulla grande storia). Stando a Charles Schreger, capo della programmazione Hbo, la serie di Scorsese è stata prevenduta in 160 paesi.
La Showtime, nel frattempo, non dorme e, dopo i Tudor (passata su Canale Cinque) mette in scena i Borgia, con Jeremy Irons nel ruolo del patriarca Rodrigo, tiranno del XV secolo. Anche qui, non si contano i chilometri di velluto per i costumi, le comparse da corte rinascimentale e quant’altro faccia sibaritica atmosfera d'epoca.
Un’altra cable-tv, che punta sull’antico è Starz, pronta a varare Camelot (set a Dublino), con 7 milioni di dollari a episodio (ce ne sono 12) e dame, lord e gentiluomini a scatafascio, nonché Pillars of the Earth (budget: 40 milioni di dollari), 8 puntate incentrate sulla costruzione d’una cattedrale gotica.
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