«Spero che questa vittoria possa servire al mio paese»

Jasmila Zbanic: le vittime della guerra devono essere risarcite

Salvatore Trapani

da Berlino

«Facciamolo insieme», ha detto Dieter Kosslick a Charlotte Rampling, presidente della giuria. Si riferiva alla consegna dei premi della Berlinale da lui diretta. Kosslick non aveva sullo smoking la sciarpa rossa che aveva prestato l’altro ieri a Roberto Benigni. Ma neanche quest’ultimo la portava ieri, quando si è seduto in platea accanto a Nicoletta Braschi. E non s’era messo nemmeno la cravatta, forse perché - come lui stesso ama dire - ha un «corpo antiberlusconiano». E Berlusconi porta la cravatta, esclusi i festivi.
Kosslick e la Rampling scrutavano dal palco Benigni. Se non temevano che volesse un premio anche lui - il suo film era fuori concorso -, temevano un numero dei suoi: bacio dei piedi dei giurati, stile Festival di Cannes 1998; camminata sugli schienali delle poltrone occupate, tipo Oscar 1999...
Il clima della premiazione era infatti ben altro, compunto, anche se con qualche risata commossa dei vincitori. C’era nell’aria la sensazione di non fare solo spettacolo, tanto più che proprio ieri il Cancelliere Merkel aveva rinnovato l’invito agli Stati Uniti: chiudete il campo di concentramento di Guantanamo. Proprio quello evocato nel film di Winterbottom & Whitecross, premiati per la regia di The Road to Guantanamo. Ecco Winterbottom nella conferenza stampa seguita alla cerimonia: «Il governo britannico ha criticato fin troppo la cinema che fa politica. Sono un regista libero e libero voglio anche il cinema. Chi si sente accusato dal mio film, ci rifletta. Berlino è la capitale mondiale del cinema politico. Lo dimostra questo nuovo premio, dopo quello per In questo mondo».
Di politica ha parlato anche Jasmila Zbanic, regista di Grbavica, Orso d’oro. Ha reclamato, oltre al premio principale per sé, un riconoscimento economico alle vittime civile della guerra in Bosnia. «Spero che il successo del mio film cambi le cose». Pare di capire che il risarcimento lo voglia dai tedeschi.
Meno venale l’iraniano Jafar Panahi, regista di Offside («Fuorigioco»), vincitore del Gran premio della giuria: «Col mio film - ha scandito - ha vinto il cinema sociale. A Berlino mi sento di casa. Ignoro se il film sarà censurato in Iran. Vorrei che uscisse prima dell’inizio dei Mondiali di calcio». Che potrebbe coincidere con l’inizio dei bombardamenti sui siti nucleari.
La serata è stata quella del cinema politico, ma anche del cinema tedesco. Moritz Bleibtreu, uno degli attori premiati, ha colto l’occasione per dire: «Il nostro cinema va esportato. Il riconoscimento che abbiamo avuto rende visibili a tutti i passi da giganti che abbiamo fatto.

Sono fiero di parlare italiano, francese e inglese, ma ciò che è importante vorrei farli in Germania». Vogel - altro trionfatore della serata - si associa, sottolineando che «vince un cinema tedesco impegnato, non di consumo».

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