Cultura e Spettacoli

Giovanni Lindo Ferretti: "Ora sono i cavalli gli attori del mio punk"

Giovanni Lindo Ferretti: "Ora sono i cavalli gli attori del mio punk"

Proprio così, talvolta una frase spiega tutto di un disco: «Ho formato una libera compagnia di uomini, cavalli e montagne». Sentite che suoni? Sono quelli di Saga, il nuovo album di Giovanni Lindo Ferretti, l'ultimo dei visionari o il primo del punk italiani, decidete voi anche se non avete mai ascoltato neppure una canzone di CCCP o CSI. È (quasi per intero) la colonna sonora della sua opera equestre perché, ebbene sì, ci sono ancora artisti che nei progetti si buttano a capofitto senza paracadute, sperando che siano i sogni ad aprirsi per evitare lo schianto. «Musicalmente è il coronamento della mia storia e ci sono voluti 60 anni, tutti quelli che ho vissuto finora, per arrivare a farlo. Perciò non importa se sto facendo debiti per sostenere un'iniziativa che fallirà». In poche parole queste canzoni, da Ben poco onore a Come gli avi miei, accompagneranno lo spettacolo (si vedrà a Reggio Emilia il 20 giugno) di Ferretti con «altri due montanari come me, Marcello e Cinzia» e quindici cavalli «più una puledrina, i puledri si sa sono come gli adolescenti, vogliono mettersi in mostra, impennano e scalciano». Roba d'altri tempi. Lui lo chiama «teatro barbarico» e a renderlo memorabile e antico saranno i movimenti, le parate e le sintonie dei suoi cavalli maremmani, si sa indomabili e massicci, da Assolo a Socrate a Elegante fino a Scricciolo «che doveva morire appena nato e invece ora è il nostro stallone». Quando lo descrive, Giovanni Lindo Ferretti accende lo sguardo, rafforza gli aggettivi, allarga il sorriso indifeso. È un altro rispetto a pochi anni fa quando ha presentato l'ultimo disco dei Pgr con parole di rassegnato distacco e fervore religioso. In fondo ora è ciò che ha sempre voluto essere - montanaro nel suo paesino di Cerreto Alpi e cavaliere sui maremmani che alleva da quando è nato perché «allevare cavalli è un gesto artistico ed eroico» - e quindi la sua voce si è distesa. Forte, cavernosa, serena. «Questo è uno spettacolo nato da un racconto che poi abbiamo ridotto alle dimensioni di canzoni. La musica è quella che io chiamo “regressive” in risposta alla magniloquenza del progressive». Giovanni Lindo Ferretti, che ora ha uno strano taglio di capelli che mescola rasatura e ciuffi lunghi e selvaggi, è uno dei gioielli più incontaminati della nostra canzone d'autore. Scatenato e provocatorio a modo suo, sempre sin da quando a inizio anni Ottanta con i suoi CCCP era «fedele alla linea» ma sostanzialmente anarchico, totalmente dissonante rispetto alla grancassa ideologica e conformista di tanti altri. «Ora sono i cavalli gli attori del mio punk, quando girano in scena i loro zoccoli lasciano sulla sabbia del palco autentici disegni conturbanti» e questo spettacolo/disco è una «mediazione tra visione moderna e arcaica». E per capire l'effetto che fa questo suo teatro barbarico e nomade, lo ha inaugurato piombando nel suo paesino di montagna, «settanta abitanti di cui venti non possono uscire di casa perché vecchi» e chi poteva lo ha seguito per strada con i lucciconi agli occhi capendo che oggi chi è davvero punk nell'animo riscopre i bisogni dell'anima e si coccola nelle magnifiche usanze dimenticate della tradizione.

Così. PG

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