"A 93 anni sono innamorato della bellezza e dell'Italia"

Il regista non si ferma: «Voglio continuare a raccontare l'arte del nostro Paese. Ne ho parlato pochi giorni fa con il Papa»

"A 93 anni sono innamorato della bellezza e dell'Italia"

Quanto ha amato Franco Zeffirelli in vita sua? Alla giornalista che pone l'incauta domanda, il glorioso autore di Romeo e Giulietta e del Gesù - 93 anni di travolgente passione per la Bellezza - replica con puntuta vivacità: «Amato? Perché usa il passato? Io amo ancora. E amerò spero - per sempre». È per Fede (e non per immodestia) che il Maestro non pone limiti alla proprie, future passioni. È lo stesso sentimento che ieri la città di Gubbio (in cui girò molte scene di Fratello Sole, Sorella Luna e Romeo e Giulietta) gli ha riconosciuto, conferendogli tramite il sindaco Filippo Mario Stirati la cittadinanza onoraria.«La prima volta che vidi Gubbio ricorda Zeffirelli - ci arrivai in bicicletta, da Firenze. Rimasi sconvolto dalla sua bellezza, fino alle lacrime. Perché Gubbio è più che bella. È unica. Incompatibile con la vita di ogni giorno. Più compatibile con la Bellezza della creazione divina».

Col suo lavoro ha contribuito a diffondere nel mondo questa bellezza. Che è poi quella dell'arte italiana.

«Non ho fatto altro in tutta la vita, si può dire. Non ho mai considerato questo lavoro come un mezzo per far soldi; ma come un privilegio. Che dovevo ripagare, però, restituendo agli altri ciò che esso regalava a me. La bellezza, appunto. Ed essendo nato in Italia, che della Bellezza è la patria, tutto mi è stato più facile».

Eppure l'Italia non da tutti è riconosciuta, né amata, come tale.

«Ci vuol coraggio, a sparlare dell'Italia! Lo faccia dire a me, che ho girato il mondo intero. Per noi italiani la Bellezza è come il midollo osseo: qualcosa che abbiamo dentro, che ci mantiene, anche inconsapevolmente, uniti. Per il resto del mondo è la radice da cui tutti hanno tratto linfa vitale. Anche color che oggi non lo riconoscono. E magari la insultano».

Ma può bastare la Bellezza, a contrastare le brutture, e cioè il male, della vita?

«Il bello può nascere anche dal brutto: il male può trasformarsi in bene. La prima volta che andai a Verona, ad esempio, fu per visitare mia sorella, che stava morendo in ospedale. L'occasione era triste. Ma mi fece scoprire una città incantevole, molto vicina a Firenze nello stesso ritmo di una magica quotidianità».

Essere orgogliosamente fiorentino, però, le ha anche procurato qualche grattacapo...

«Si, perché noi fiorentini siamo convinti di essere fra i migliori del mondo. Ma non è un atteggiamento di arroganza fascista. È la verità. Poche città al mondo ti danno, come Firenze, il senso dolcissimo del vivere. E la possibilità d'incontrare tutto il bene che si può incontrare in una vita».

E Roma? Lei ci abita: come interpreta questo suo inesorabile degrado?

«Roma è una gran puttana. Ti copre di carezze dopo che ha ti fatto una stronzata. È una città che ama insultare ed essere insultata. Che ama essere degradata a poco di buono».

Gubbio, Firenze, Verona, Roma... Ma noi italiani ci accorgiamo di vivere nel paese più bello del mondo?

«No. E se non ce ne accorgiamo, è peggio per noi».

«Summa» della bellezza firmata Zeffirelli sarà la Fondazione (cioè la raccolta tutti i suoi bozzetti, costumi e copioni) che da anni Firenze attende di accogliere. Ma i tempi si allungano. Il suo conterraneo Renzi se n'è interessato? Sta facendo qualcosa per ciò che potrebbe essere un vanto per Firenze e per l'Italia tutta?

«Se lo ha fatto non me l'ha fatto sapere. Ma non mi faccia commentare la questione, Non parlo. Se parlo vomito».

Quali dei suoi film, maestro, oggi rivede più volentieri?

«Il Gesù. Perché, anche se non per merito mio, offre un cast che solo a scorrerlo ti fa uscire di testa. E perché dimostra che con i miei film ho sempre cercato di aprire le porte del cinema a dialoghi importanti».

Qualche giorno fa lei è stato ricevuto in udienza privata da Papa Francesco. Cosa vi siete detti?

«Dopo aver visto il mio libro su Fratello sole, che dedicai al santo che porta il suo nome, mi ha mandato un messaggio. Quel film l'aveva molto commosso, voleva conoscermi. Sono rimasto molto impressionato dalla svolta che, con la sua opera, sta imprimendo alla Chiesa».

E oggi di che si occupa?

«Sto scrivendo un

racconto, che è anche una riflessione, sul viaggio di Dante all'inferno. Parte dalla cupola disegnata dal Brunelleschi a Firenze. Il confine tra il mondo di là e quello di qua. La Bellezza come discrimine tra il Bene e il Male».

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