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Addio al Re del Blues nato nel fango e cresciuto tra le stelle

Morto a 89 anni il leggendario musicista che aveva cominciato con uno strumento da 15 dollari Prima di conquistare il mondo

Addio al Re del Blues nato nel fango e cresciuto tra le stelle

È morto a 89 anni B.B.King, il re del blues, l'uomo che con il suo stile ha influenzato tutti i chitarristi, da Eric Clapton a Zucchero. Era nato in Mississippi, a Itta Bena, il 16 settembre 1925. Pochi giorni fa aveva postato il suo ultimo messaggio su Facebook: «Grazie a tutti per gli auguri; sono in cura nella mia casa a Las Vegas»

Il re aveva 89 anni e fino all'ultimo giorno di vita non aveva mollato lo scettro e neppure la chitarra. Unica concessione al passare del tempo, negli ultimi concerti, suonava seduto, ma continuando a far luccicare le corde della sua Gibson attraverso i suoi assolo stilizzati ed eleganti che tutti hanno provato (senza riuscirci) ad imitare. B.B. King aveva conquistato il mondo, lui che guidava un trattore laggiù nel Mississippi (ma era un altro tempo), che ha vissuto agli angoli della strada chiedendo l'elemosina strimpellando una chitarrina rossa da 15 dollari cercando di imitare il cugino Bukka White (grande bluesman acustico), lui che cantava il gospel nelle chiese prima di diventare popolare dj radiofonico. «Poi nel '49 - raccontò compiaciuto proprio al Giornale - in parte folgorato dallo stile di T. Bone Walker, in parte perché volevo che i miei canti, sia di gioia che di disperazione, dessero una scossa a chi li ascoltava, imbracciai la chitarra elettrica e la scelta mi ha portato fortuna». Dal '50 con Sweet Little Angel , 3 O'Clock Blues (di Lowell Fulson), You Know I Love You , Woke Up This Morning e molte altre canzoni infila un'impressionate serie di brani che diventeranno classici. Il suo stile si caratterizza sviluppando l'espressività degli umori rurali in una chiave più elaborata, ricca di ritmo e vicina al rhythm'n'blues. Il primo a trovare un linguaggio multietnico.

B.B. King era malato da tempo, soffriva di diabete, ma non aveva intenzione di arrendersi: «Dopo ogni spettacolo sono stanchissimo - raccontava - ho il diabete e gli anni si fanno sentire, quindi dico “chi me lo fa fare?” ma poi corro a dormire in albergo e il giorno dopo sono nuovo. Gli spiriti buoni del blues mi difendono da quelli cattivi, non voglio che mi portino via la gioia di vivere».

Più invecchiava, più suonava, più tutte le star gli correvano dietro. Bono degli U2 gliel'aveva chiesto di persona, da buon allievo che si rivolge al maestro: «Io e Bono ci conosciamo da molto tempo; fu lui a propormi la prima collaborazione. Scrisse When Love Comes to Town e disse che era il brano ideale per un duetto. Mi conquistò perché era una canzone che parlava di Gesù crocefisso». È stato uno dei brani portanti di uno dei dischi più importanti degli U2, quel Rattle and Hum che nel 1988 sconvolse il mondo del rock diventando uno dei più venduti di sempre. Ma B.B. King ha suonato con tutti i grandi, e non solo del rock e del blues, da Aretha Franklin a Eric Clapton, da Muddy Waters a Billy Gibbons degli ZZ Top che senza dubbio è uno dei suoi «allievi» più fedeli. Si esibì persino con Pavarotti che disse in nostra presenza: «B.B. King è meraviglioso ma è anche l'artista con cui è più faticoso lavorare perché usa le blue note e tanti suoni meravigliosi ma impossibili da riprodurre sullo spartito». Anche King, se gli si parlava dell'Italia, ricordava soprattutto Pavarotti e Papa Wojtyla: «Ricordo l'emozione di accompagnare Pavarotti e la serata in Vaticano in onore di Papa Wojtyla: ci abbracciammo e gli regalai la chitarra, non lo dimenticherò mai».

Ma non gli ha regalato Lucille, la mitica chitarra che chiamò così dopo averla salvata da un incendio rischiando la vita. «Me l'hanno rubata, il più grande dolore della mia vita, ma ora ho le sue figlie che amo come l'originale e gli ho donato una di quelle». La musica moderna non lo faceva impazzire, forse è per quello che non mollava la presa: «Senza blues non ci sarebbe una sola nota rock. Oggi i musicisti sono bravissimi ma si imitano tutti. Mi ha colpito Amy Winehouse, ha una grande personalità nel riprendere il suono nero degli anni '50».

Ora anche lui, proprio come lei, è entrato in quel paradiso sonoro che ospita le divinità della musica.

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