I documenti sugli Anni di piombo non sono ancora accessibili. Una verità che rimane nascosta da decenni, su una delle pagine più buie della storia del nostro Paese, come abbiamo raccontato, sia domenica sia ieri, sulle pagine del Giornale; pagine nelle quali è stato rivolto un appello al presidente del Consiglio Conte, al ministro dell'Interno Salvini e a quello degli Esteri Moavero, affinché il materiale d'archivio venga finalmente reso disponibile. E il Ministro Salvini ha risposto all'appello.
Durante la trasmissione Quarta Repubblica, ieri sera su Rete 4, a proposito dei documenti segreti sugli Anni di piombo il vicepremier ha dichiarato: «Li metto a disposizione di 60 milioni di italiani, con l'impegno a non divulgare le informazioni che potrebbero mettere a rischio indagini di oggi. Chiedete e vi sarà dato». Sempre nel corso della trasmissione di approfondimento di Nicola Porro, Salvini ha parlato del caso Battisti e dei numerosi terroristi, condannati e ancora latitanti: «Stiamo lavorando: non solo in Francia ma nel mondo ci sono alcune decine di terroristi italiani che hanno morti sulla coscienza, conto nei prossimi mesi che altri Battisti torneranno in Italia».
È stato proprio l'arresto di Cesare Battisti, avvenuto nel gennaio scorso, a riaprire il dibattito sul terrorismo rosso. Dopo la sua estradizione in Italia e la sua confessione di colpevolezza, sono ricominciate le analisi e le interpretazioni; discorsi nei quali però, soprattutto da parte dell'intellighenzia di sinistra, spicca una singolare mancanza di autocritica, accompagnata da una ancora più singolare forma di autoassoluzione. Cioè: la sinistra non avrebbe avuto niente a che fare con i terroristi rossi, non li avrebbe difesi, non avrebbe fatto appelli a loro favore... Esistono però documenti, molti dei quali appunto rimasti di fatto inaccessibili, che attestano (come spiega Alessandro Gnocchi su il Giornale di domenica 7 aprile) come «il terrorismo di sinistra non fosse improvvisato dal punto di vista ideologico e neppure da quello militare: appartiene alla tradizione eversiva coltivata dal partito».
Un esempio? La «Gladio rossa», ovvero gli «operativi» pronti a entrare in azione in caso di attuazione del piano di aggressione messo a punto dalle forze del Patto di Varsavia (come spiega Gianni Donno sul Giornale di ieri). I documenti sulla «Gladio rossa» sono già stati pubblicati, in parte, grazie al lavoro di alcuni studiosi (nel 1997 da Gian Paolo Pellizzaro, nel 2001 da Gianni Donno); documenti emersi dagli archivi dell'ex Unione sovietica sono stati resi noti da Elena Aga-Rossi e Victor Zaslavsky; documenti raccolti dagli americani sono stati segnalati da Salvatore Sechi. Dall'archivio del vecchio Partito comunista italiano, niente. Non che lo Stato italiano non avesse già avuto input in questo senso: all'epoca della famosa «Commissione Mitrokhin» ci fu l'occasione di analizzare una serie di documenti ottenuti dai servizi segreti britannici e riguardanti la presenza di agenti del Kgb sotto copertura nel nostro Paese.
Insomma sono ancora numerosi i punti oscuri di un'epoca oscura. Soprattutto per le vittime del terrorismo, e per i loro familiari, che ancora non si sono arresi. Potito Perruggini, nipote del brigadiere Ciotta, ucciso da Prima Linea nel '77 e presidente di «Anni di piombo» (Osservatorio nazionale per la verità storica), così ha commentato le dichiarazioni di Salvini: «Mi sento veramente emozionato. Le parole del Ministro mi hanno riempito il cuore.
Poter finalmente scrivere la verità sui libri di storia e poterla lasciare alle nuove generazioni è una cosa che non ha prezzo per chi ha subito sulla propria pelle l'assurda ferocia di quell'oscuro periodo». Ora vedrà se si tratta solo di una promessa, o di fatti.
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