Cultura e Spettacoli

Una battaglia legale che ci tocca da vicino

di Todd Haynes con Mark Ruffalo, Anne Hathaway, Tim Robbins, Bill Camp

Più ti cali nella vicenda raccontata da Todd Haynes e più ti sembra di guardare le immagini di qualcosa di già visto. In realtà, è l'ennesimo caso giudiziario di Davide contro Golia che, purtroppo, ormai non sorprende ed indigna più, anche se, in questo caso, la storia non è così lontana dal nostro vissuto quotidiano e potrebbe aver toccato ognuno di noi. Tutto nasce da un articolo, scritto, nel 2016, da Nathaniel Rich, dal titolo «The Lawyer Who Became DuPont's Worst Nightmare», pubblicato sul New York Times Magazine, pezzo che ripercorreva le gesta coraggiose di un avvocato, Rob Bilott (Mark Ruffalo, perfettamente a suo agio nella parte) che, mettendo a repentaglio la sua carriera, si fece paladino ambientale, contro un colosso come quello chimico della DuPont. Infatti, il legale, appena promosso socio in uno studio di Cincinnati (che difendeva le grandi industrie), venne avvicinato, nel 1998, da Wilbur Tennant (il bravissimo Bill Camp), un allevatore di Parkersburg, West Virginia, presentatosi nel suo ufficio con due scatoloni di videocassette che testimoniavano la morte delle sue mucche, dovute all'inquinamento delle acque, per gli sversamenti, nel lago, della fabbrica chimica. Sul banco dei colpevoli finì l'acido C8, ingrediente del Teflon tenuto nascosto per i suoi reali pericoli per la salute dell'uomo, tra i rivestimenti più comuni di molte pentole antiaderenti, giusto per capire quante milioni di famiglie ne vennero a contatto. Bilott prima sbuffò, poi, rendendosi conto della portata di quell'inquinamento, iniziò una battaglia durata anni, finendo per ammalarsi e trascurando la propria famiglia. Come è finita, e con quanti morti, lo scoprirete al cinema. Un film che si inserisce, perfettamente, nel filone di pellicole come Tutti gli uomini del presidente o Erin Brockovich, che Haynes gira con un incipit horror, per calare lo spettatore in una vicenda torbida, assecondando i canoni del dramma legale, lavorando più di suggestione nelle vicende famigliari dei vari protagonisti.

Si esce dal cinema, senza proferire parola, vogliosi di correre a casa a controllare le proprie padelle.

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