Battleship, la battaglia navale in stile perfetto hollywoodiano

È l’ora dei vecchi giochi da tavolo, riesumati in salsa ipertecnologica. Qui la corazzata si aggira alle Hawaii quando dall’Oceano spuntano gli alieni armati di carapace metallico inscalfibile

Battleship, la battaglia navale  in stile perfetto hollywoodiano

Avanti di questo passo e avremo «Scacchi. Il film». È l’ora dei vecchi giochi da tavolo, riesumati in salsa ipertecnologica dagli studi hollywoodiani in mano alle corporazioni, quindi alle banche che sganciano dollari, pretendendo in cambio il controllo creativo e quindi una presa di ferro su marchi e marketing. Così, mentre la Warner Bros. prepara Lego, film di Phil Lord e Christopher Miller - gli stessi di Piovono polpette -, basato sui noti mattoncini colorati, e intanto che Ridley Scott elabora Monopoly insieme alla Hasbro, venerdì sbarca nelle sale Battleship. Ovvero un blockbuster Universal da 200 milioni di dollari diretto da Peter Berg e segnalato per l’esordio cinematografico della popstar Rihanna, tocco sexy-femminile dentro un film di e per maschi giovani e giovanissimi.
I genitori dei ventenni ai quali è destinato questo film-popcorn, da ragazzini giocavano a battaglia navale. Ma qui la corazzata (Battleship, appunto) è vera ed enorme e si aggira alle Hawaii, quando dall’Oceano profondo spuntano certi alieni aggressivi, i Regents, armati di carapace metallico inscalfibile. Ha voglia Rihanna, alias l’ufficiale di Marina Cora Raikes, a far cantare la sua mitraglietta contro quei mostri che sul fondo oceanico cercano fonti energetiche per distruggere gli umani. I Regents non temono nulla, figurarsi le pallottole di Rihanna, cappellino Navy e tatuaggi sulle braccia, proprio come la sua allenatrice sul set, l’ufficiale della US Navy Jackie Carizosa. La cantante di Umbrella sembra un maschiaccio e fa arrabbiare i cinefili, animando un dibattito in Rete sulla sua carriera di attrice. «Mio padre me l’aveva detto che arrivavano. Diceva che non eravamo soli e che, un giorno, noi li avremmo trovati. Altrimenti, loro avrebbero trovato noi», ragiona l’esordiente delle Barbados, giocando ai Transformers sul mare.
Nel cast di Battleship, pronto a dare l’assalto al botteghino in contemporanea con The Avengers, figurano Liam Neeson (il severo ammiraglio Stone), Taylor Kitsch, Brooklyn Decker e Alexander Skarsgaard. Le battaglie, veramente spettacolari, si svolgono per mare, per terra e in cielo, ma soprattutto sopra e sotto l’Oceano, perché c’è da promuovere il brand della Hasbro, proprietaria del marchio «Battaglia Navale». Dato il successo strepitoso di Transformers e l’aumento di vendita dei pupazzetti GI Joe, con i tre film della serie e l’incasso globale di 2.669.760.469 dollari, la Hasbro, consociata alla Universal (leggi: General Electric, la sesta multinazionale Usa) spera di fare il botto. Ormai lo schema delle cinecorporazioni è chiaro: filmoni come Pirati ai Caraibi o Iron Man servono a trainare il marchio. E il lato artistico? «È disperazione pura. Ognuno a Hollywood sa quanto sia importante che un film sia un marchio, prima di arrivare in sala.

Questo degrada il cinema», ha detto James Cameron, il re del box-office bilionario. Lui, devoto al 3D spettacolare, non pare il più adatto a esprimersi così negativamente. D’altronde, questo è l’anno delle navi: dopo la «Concordia» e altri affondamenti, dopo il Titanic in 3D, arriva Battleship.

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