Se la ripresa di uno spettacolo basato su scene che riproducevano sempre il sipario della Scala o riflettevano la sala (gli specchi erano un po' troppo sgualciti), quindi di per sé poco affascinanti, riesce a catturare l'attenzione dello spettatore e a non lasciarlo fino alla conclusione, il regista è uno che sa il fatto suo. Rivedendo la messa in scena di Robert Carsen del Don Giovanni di Mozart tutto funzionava con misura e concisione. Grazie anche ad una compagnia di canto di alta qualità (e marca salisburghese). Il solo protagonista Thomas Hampson aveva dizione precaria, tendente a illiquidire le consonanti e a sbrodolare i recitativi come scioglilingua; gli altri, per fortuna, si sono distinti per le basi molto solide in questo requisito fondamentale. A partire dalla passionale, intensa e mai lagnosa Donna Elivira di Anett Frisch e dal nobile (e non eunuco) Don Ottavio di Bernard Richter. Sul versante degli italofoni buone notizie dalla chiave di baritono (settore oggi in carestia) per la prova convincente di Luca Pisaroni, mai volgare nei panni spesso scollacciati di Leporello e di Mattia Olivieri, che ha reso muscolare e simpatica la parte del riottoso Masetto. Aristocratica e ben cantata la Donna Anna di Elisabeth Müller; meno udibile la graziosa Giulia Semenzato (Zerlina).
Efficiente, incisiva, nervosa la direzione di Paavo Järvi, che ha riscattato le bacchette debuttanti Mozart alla Scala dopo il naufragio in autunno del collega austriaco Welser-Möst nelle Nozze di Figaro. Come dice Don Ottavio, dalla tua pace la mia discende. E con questo Mozart firmato Carsen, la pace l'abbiamo fatta completa e duratura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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