Paolo Giordano
nostro inviato a Sanremo
Parte Carlo Conti, volto perfetto nonostante le sedici ore di diretta in quattro giorni. «Eccociiii». Prima i Ladri di Carrozzelle confermano che la musica è energia, e non c'è retorica in una band di disabili che si diverte sul palco dell'Ariston cantando Stravedo per la vita. Momento irrituale, diciamolo, applausi in sala stampa quando il cantante non vedente alla fine grida «su le mani, non vi vedo!». Poi c'è uno Zucchero super ospite oppure super e basta, perché raramente lo si è visto così in forma. Soltanto alla fine del suo Ci si arrende si presenta Maria De Filippi (con abito gioiello che le lascia le spalle scoperte) ad annunciare i codici dei Big.
Poi parte davvero la gara con la tipica tensione della finale. Sul divano di casa sembra un gioco, ma sulle seggioline sverniciate dei camerini qui all'Ariston ci sono volti esangui con occhiaie più larghe degli occhialoni di Kim Kardashian. Elodie non sbaglia la sua canzone (videomessaggio introduttivo di Loredana Bertè), Zarrillo fa sempre la stessa canzone, Sergio Sylvestre sfiora i lampadari dell'Ariston con i suoi due metri e rotti e la Mannoia sfiora la perfezione (introdotta da un videomessaggio di Enrico Ruggeri, autore della sua memorabile Quello che le donne non dicono). Insomma, una fuga per la vittoria di sedici Big dopo la clamorosa eliminazione di Giusy Ferreri, Al Bano, Ron e Gigi D'Alessio che è forse il verdetto più sorprendente degli ultimi venti anni di Festival. Quando il Festival era adolescente, ossia negli anni Sessanta, aveva un concorrente niente male in Studio Uno che adesso rivive nella fiction di Raiuno con Diana De Bufalo, Giusy Buscemi e Alessandra Mastronardi che accennano persino Papaveri e Papere di Nilla Pizzi.
Tempo di Alessio Bernabei e Fabrizio Moro e tocca a Maurizio Crozza che gioca sulla sua presenza all'Ariston ma mette in campo la solita carrellata di gag. Poi Masini barbuto. Poi di nuovo Zucchero con Partigiano Reggiano e Miserere. Poi ansia. Più cresce il volume della platea, più scende quello nei camerini: è la regola della finale all'Ariston. Tanto che corrono i cantanti (Paola Turci al top, Bianca Atzei stabile, Francesco Gabbani sente odore di vittoria, Chiara e Clementino non cambiano le carte in tavola). La finale è celebrativa per definizione, quindi arriva Rita Pavone, che celebra ben oltre mezzo secolo di carriera e si merita tutto il Premio Città di Sanremo anche perché canta una bella e riscoperta Cuore del 1963. Ha quasi 72 anni ma non li dimostra, specialmente quando sta su di un palco: una (mini)forza della natura.
Intanto scorrono i videomessaggi che introducono i cantanti. A Ermal Meta tocca Fiorello, e non è un caso. Claudio Bisio fa l'elogio di Lodovica Comello e, dopo lo sketch un po' rigido di Enrico Montesano, è Giuliano Sangiorgi dei Negramaro a presentare alla sua maniera il bravissimo Samuel. E se all'ultima puntata Michele Bravi conferma di far bene a puntare su se stesso, Geppy Cucciari graffia al volo prima che il volatile Alvaro Soler squaderni un medley di due tormentoni (El mismo sol e Sofia) e un singolo (Animal) portandosi a casa 15 dischi d'oro e un disco di platino che, insomma, danno un senso a una carriera boom.
Passano Amara e Paolo Vallesi (occhio a lei, bravissima). Arriva, ma guarda un po' che sorpresa, anche Carlo Cracco. E finalmente inizia il conto alla rovescia per il vincitore. Una serata da copione che chiude il tris di Conti alla maniera di Conti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.