Il Blasco è rinato «Il terrore dell'Isis? Dobbiamo odiare la nostra paura»

Ora i quattro show all'Olimpico di Roma. In autunno altri brani inediti

Il Blasco è rinato «Il terrore dell'Isis? Dobbiamo odiare la nostra paura»

Stavolta Vasco si intervista da solo. Un rocker in piena e guai a fermarlo. Camerino del (piccolo) stadio di Lignano, lui in accappatoio come un pugile dopo il ring: «Ho fatto un altro patto con il diavolo» sorride mentre ti fissa con due occhi blu cristallino. Ha appena finito di cantare le due ore e mezza della data zero del Live Kom 016, il battesimo dei quattro concerti che da mercoledì convocheranno almeno duecentomila vascomaniaci all'Olimpico di Roma (in vendita altri ventimila biglietti). Una produzione da 3,5 milioni di euro che porta a oltre un milione e 200mila gli spettatori di un giro di stadi iniziato nel 2014. E un segno che il Vasco di anni 64, ormai in forma da far invidia al Vasco di anni 44, è una macchina rock a se stante, con regole ed equilibri propri, totalmente sganciata da tutti gli ingranaggi dell'industria musicale (come conferma il promoter Roberto De Luca di Live Nation).

Un Vasco a se stante. Persino quando scherza sui colleghi, roba che in Italia è quasi vietata dalla deontologia della popstar: «Con Sono innocente pensavo di aver fatto un disco molto lungo ma poi è arrivato quello di Jovanotti con trenta brani: ora è irraggiungibile, oltretutto nei testi ha toccato tutti gli argomenti toccabili» gigioneggia esaltando l'accento emiliano.

Poi afferra un altra caramella. E riparte a parlare. Insomma ora «il concetto è tener duro, di certo non mi fermo più» avverte prima di spiega come ce la farà: «Dovendo necessariamente fare una vita sana, sono un po' spaesato e vedo cose che prima non vedevo», sorride appena pensieroso. È l'ennesima rivincita di un artista che dopo Albachiara pensava di esser finito (ipse dixit) e che ha fatto il primo patto con il diavolo «a inizio carriera quando bruciavo molto carburante» come spiega ora alludendo a «quel» carburante.

E oggi, dopo aver cantato più di duecento volte negli stadi (numeri da rockstar mondiale), chiude un capitolo pubblicando in autunno «quattro brani inediti nella raccolta definitiva che riassume i miei quarant'anni di canzoni». La prima sarà «una grande ballata», poi «un pezzo vivace» e poi chissà gli altri. Intanto è già stata fissata l'occasione per ascoltarli tutti dal vivo: Modena Park. Un'area da 250mila spettatori che il primo luglio 2017 diventerà il teatro per raccontare la sua vita spesa fuggendola, temendola, esagerandola, soffrendola, spiegandola come se fosse di tutti. Perciò lui sogghigna rinchiudendo le spalle nell'accappatoio indossato dopo un concerto vecchio stile, cantato dall'inizio alla fine, con una Accidenti come sei bella inedita dal vivo e una sorprendente Sally (anche a Roma ogni sera canterà un brano a sorpresa). Sul palco si appoggia a una band monolitica, qualche volta fin troppo metal (lo scalino tra la furia distorta di Sballi ravvicinati e la misteriosa sensualità di Rewind è davvero troppo ripido), molto incardinata sugli assoli di Stef Burns e comunque ormai rodata alla perfezione.

In più di due ore, passando da un chiodo borchiato a una tshirt a un lungo impermeabile stile Tarantino western, Vasco ha tirato acuti al pubblico (nel «qui» de La Noia era pulitissimo) e in cambio gli hanno tirato reggiseni e mutandine mentre i topless ricamavano la platea sotto al palco. «Il nemico non è l'odio, il nemico è la paura: non dovete, non dobbiamo aver paura» ha urlato prima una Vivere non è facile applaudita a scena aperta. Non parlava per euforia da concerto e bisogna aspettarlo in accappatoio per capire il senso di quelle parole: «Ho interpretato le parole di Gandhi pensando che non dobbiamo aver paura del terrorismo. Non giustifico questi quattro gatti che fanno attentati vigliacchi, non accetto che ci sia chi ha il coraggio di sparare a gente sulla spiaggia ma non dobbiamo averne paura. Se uno si fa saltare in aria di fianco a me non me ne frega un caz..., ho già fatto tante cose in vita mia. Ma non possiamo lasciar mettere in discussione i nostri diritti acquisiti, il voto delle donne, la nostra democrazia». Parole condivise.

Ma parole inedite per un Vasco che forse ha trovato negli ultimi giorni del suo amico Pannella un furore polemico perso per strada. «L'ultima volta parlava già un po' svagato ma mostrava quella carica positiva che mi ha sempre trasmesso serenità. E aveva sempre la battuta pronta. Gli ho detto: Ti verrò a trovare quando starai meglio, e lui mi ha risposto no, verrai quando starai meglio tu...

» racconta lento e inarrestabile prima di stringersi nell'accappatoio, prender fiato e tornare a parlare di rock, di sigarette proibite, di vita e insomma di tutto ciò che ha diviso la musica italiana in due: lui da una parte e quasi tutti gli altri dall'altra.

Vasco a se stante, appunto.

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