«Borotalco fu il cambiamento del nostro cinema»

Giulia Cherchi

Durante le prime esperienze sul set le è mai capitato un episodio OFF?

«Nel mio primo film, prodotto da Tonino Cervi, alla Safa Palatino. La mattina veniva a prendermi il segretario di produzione con la sua 500 giallo uovo, ma era giovane anche lui e alle volte, alla fine delle riprese, dimenticava di riportarmi a casa. Così mi avviavo a piedi, sotto il sole di luglio, attraverso le rovine archeologiche di quell'area allora molto meno frequentata di oggi, domandandomi cosa avrebbero mai fatto l'indomani se per qualche ragione fossi scomparsa. Ricordo che nel teatro accanto c'era Elizabeth Taylor».

Ha lavorato anche a CinecittàOggi c'è chi la vorrebbe chiudere.

«Passato il Neorealismo si era ricominciato a usare il teatro di posa. A metà del mio cammino, però, di colpo il cinema tornò a farsi dal vero. Borotalco segnò il cambiamento: improvvisamente ci applicarono dei microfoni e si fece la presa diretta in ambienti reali. Da lì il fluire della neoverità, che ha reso obsoleti questi templi del cinema che fu. Io non li demolirei, piuttosto li riconvertirei a utilizzi vivi (spazi aggregatori, mostre). Mi chiedo anzi perché buona parte della tv non venga fatta a Cinecittà, proprio dentro i teatri di posa».

Riguardo a Mia moglie è una strega parlò di lei, accanendosi, un giornale militante della sinistra.

«Il pregiudizio della società, della classe dirigente orientata politicamente un po' in alto, a sinistra, prese a irridermi: per Mia moglie è una Strega, che fu uno straordinario successo per la casa distributrice del film, che era di mio marito, un giornale di sinistra scrisse di me: Eleonora Giorgi lucida i dobloni dei forzieri Rizzoli. Era L'Unità, e voleva essere dispregiativa.

In realtà sottolineava i grandi guadagni che avevo portato nelle casse dell'azienda, ma a me non ne venne niente: infatti venni epurata col David di Donatello ancora in mano». ressanti e inaspettate».

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