Cultura e Spettacoli

Censure, scandali e Guareschi. Ecco i segreti di "Umberto D."

A quarant'anni dalla morte del regista, Tatti Sanguineti rivela su Iris i retroscena del film attaccato dall'allora sottosegretario Andreotti

Vittorio De Sica sul set di "Umberto D."
Vittorio De Sica sul set di "Umberto D."

Vittorio De Sica (1901-1974), di cui è appena trascorso il quarantennale dalla morte, è il genio indiscusso del neorealismo. Tatti Sanguineti gli dedica la puntata di oggi di Storie di cinema (su Iris alle 22,30). Sanguineti sviscera le vicende, dalla lunga genesi del copione all'arrivo controverso nelle sale, del film Umberto D. (1952). La critica da sempre lo considera uno dei più geniali prodotti della collaborazione tra De Sica e Cesare Zavattini (è, tanto per dire, uno dei quattro film italiani che compaiono nella classifica delle cento pellicole più importanti secondo Time ). Ma il pubblico all'epoca non lo amò. La trama racconta una storia difficile, quella di un ex dipendente pubblico pensionato, solo e con un cane come unico amico, spinto quasi al suicidio dalla miseria. Una storia dolorosa e non di facile appeal sugli spettatori. E anche un film di protesta perché i pensionati si ribellano e manifestano in piazza contro il governo (che li fa disperdere dalla polizia).

Per questo la pellicola suscitò le ire dell'allora sottosegretario alla Presidenza del consiglio con delega agli spettacoli, un giovanissimo (33 anni) Giulio Adreotti. Di quello scontro il fatto più noto è che Andreotti scrisse un articolo di fuoco per la rivista Libertas: «Se è vero che il male si può combattere anche mettendone duramente a nudo gli aspetti più crudi è pur vero che se nel mondo si sarà indotti, erroneamente, a ritenere che quella di Umberto D. è l'Italia della metà del secolo ventesimo, De Sica avrà reso un pessimo servigio alla sua patria...».

Sanguineti sul tema ha raccolto anche la testimonianza dello stesso Andreotti (1919-2013) per il suo documentario Giulio Andreotti. Il Cinema Visto da Vicino da poco presentato al Festival di Venezia. E il politico di lungo corso non si mostrava, in anni ben più recenti, affatto pentito delle sue scelte: «A noi dava preoccupazione il fatto che la pellicola volesse contrapporre, in un certo senso, la polizia e i lavoratori al popolo... c'erano reali tensioni all'epoca». Il tutto venne sintetizzato nella frase: «i panni sporchi si lavano in famiglia». De Sica rispose con una lunga lettera relativamente poco studiata: «Non mi è sembrato eccessivo — scrive — che tutte le circostanze fossero contrarie al mio triste eroe. Accade così, nella vita dell'uomo, che alterna giornate tutte fortunate ad altre tutte avverse. Umberto D. , per me, non va quindi considerato alla stregua di un caso limite». Ma in effetti, come ha ricostruito Sanguineti, tutta la realizzazione del film si trasformò in un rimpiattino tra i rischi di censura, le preoccupazioni del produttore, Angelo Rizzoli, e la volontà di De Sica. Ad esempio la prima sceneggiatura presentata al sottosegretariato minimizzava la protesta dei pensionati facendo credere che scendessero in piazza contro una nuova tassa sui cani. «E se fosse stato davvero così» Andreotti dixit , «non ci sarebbe stato problema».

Ma visto che in realtà il testo di Zavattini era molto più dirompente, anche se edulcorato rispetto alle prime stesure, il film fu tutto un fare e disfare. In Storie di cinema vengono mostrate una serie di foto e filmati che documentano tutte le parti che furono tagliate o modificate. Come quelle della rivolta in ospedale, oppure il carabiniere che ingravida una ragazza prontamente trasformato in un soldato di leva per dar meno scandalo. E dulcis in fundo , oltre ad una gustosa parte su tutti i trucchi che usava De Sica per far recitare meglio gli attori, Sanguineti propone anche una interessante teoria su chi fosse il personaggio reale che ha ispirato a Zavattini l'idea di Umberto D. (nel film interpretato da un dilettante: il professore di filologia Carlo Battisti). Molti potrebbero esserne sorpresi ma il candidato più probabile sembra essere una donna, la maestra elementare Lina Maghenzani, la madre di Giovannino Guareschi. Guareschi e Zavattini avevano avuto una lunga frequentazione a Parma. E Guareschi aveva trasposto le sofferenze della genitrice, per la magra paga e i debiti prodotti dal marito, in un racconto: Ceto Medio .

Il cui protagonista è molto simile a Umberto D.

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