Che bello insegnare liberismo a Botteghe Oscure

Lezione su mercato e profitto nel palazzo che era del Pci

Che bello insegnare liberismo a Botteghe Oscure

Chiamato a parlare per conto dell'Istituto Bruno Leoni ad alcune classi delle superiori nel quadro di un progetto dell'Associazione delle banche italiane che vuole avvicinare i giovani all'economia, mi sono trovato al numero 4 di via delle Botteghe Oscure, in quel palazzone di Roma che da quando Togliatti nel 1946 lo comprò ha ospitato i vertici del vecchio Partito comunista. E subito mi sono chiesto cosa permanga di quell'universo, quando un innamorato del mercato si trova a fare lezione su cooperazione spontanea e profitto capitalistico dove per decenni si era lavorato per realizzare il socialismo.La crisi della sinistra non è stata una cosa da poco. Ha obbligato molti a disfarsi di busti, libri e bandiere, e in qualche caso ha costretto perfino a vendere immobili ad alto valore simbolico. Così negli anni scorsi il palazzo di Togliatti, Ingrao e Berlinguer è stato messo sul mercato e oggi è dell'Abi. E se Margaret Thatcher amava dire che Marks & Spencer (nota catena commerciale inglese) avevano sconfitto Marx & Engels, in Italia dobbiamo constatare che quanti avrebbero voluto eliminare le banche si trovano i banchieri in casa.Nell'ingresso disegnato da Giò Pomodoro con la stella a cinque punte sul pavimento resta percepibile qualche traccia storica: il busto di Antonio Gramsci, una bandiera della Comune di Parigi e poco altro.

Ma ogni cosa evoca un passato remoto, come i resti della Roma antica che s'incontrano di continuo quando si cammina in quei paraggi.Il Pci è scomparso e non ha più sedi, eletti, potere. Resistono però i suoi eredi, che controllano imprese statali e sono al governo. E soprattutto è più presente che mai quella cultura che si manifesta di continuo nell'inerziale e acritico statalismo che accomuna le diverse famiglie politiche.Qualche anno fa non avrei mai immaginato che sarebbe stato possibile parlare dei mirabili effetti della globalizzazione e degli scambi internazionali entro quelle mura. È una soddisfazione, certamente, ma mitigata dal fatto che la fine del socialismo reale non ha in alcun modo infiacchito l'egualitarismo, lo statalismo selvaggio, l'ideologia della redistribuzione.

Bisogna dunque continuare a presentare alle giovani generazioni come fa l'IBL, al Bottegone e fuori gli argomenti a favore della proprietà, del commercio, della responsabilità. Solo così potremo realmente lasciarci alle spalle le ceneri di Gramsci.

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