Che bello quando Scarpa ce le canta in rima

Che bello quando Scarpa ce le canta in rima

Non c'è niente di più noioso dei poeti e dei circoli di poeti che si ritrovano per lagnarsi che nessuno legge più la poesia, ovvero le loro poesie, per dirsi che la poesia non è morta senza accorgersi di quanto siano morti loro.

Tuttavia ci sono casi in cui la poesia, quando non si prende troppo sul serio, non solo è viva, ma risulta perfino divertente. Come per esempio il libretto di Tiziano Scarpa Una libellula in città e altre storie in rima (minimum fax). Perché Scarpa gioca con le parole, con le rime più o meno baciate, raccogliendo una serie di testi composti in varie occasioni, trenta racconti in versi, con lo spirito di un antico cantastorie.

Iniziò a scrivere un racconto in versi nel 2000 per un catalogo d'arte, e da allora ne ha composti molti, letti sul palco di vari reading o solo agli amici, finché un bibliotecario a Chioggia non gli suggerì di metterli insieme e pubblicarli, e in effetti è stata un'ottima idea.

C'è un elefante di Pordenone con un sassofono al posto della proboscide («Il naso precedente era caduto/ in seguito a fortissimo starnuto») e va alla ricerca dell'anima gemella, finché non trova un'elefantessa addormentata con una proboscide di bronzo («Hai la grondaia proprio in mezzo al viso/ sei grassa, russi: sei il mio paradiso»). C'è un albero che non ne può più di stare fermo nel bosco e decide di sradicarsi da solo: «Si sradicò/ crollò rotolando/ piombò in città/ crepò rantolando/ e a eterno monito del suo smacco/ qualcuno incise sul suo tronco secco:/ Qui giace, allergico a Moltitudine/ Milite Ignoto di Solitudine». C'è un misantropo che vive isolato in un faro fino a quando il faro non si stacca e va alla deriva nell'oceano («Sto così bene in mia compagnia/ che neanche morto me ne andrò via»).

E poi un regista di cinema horror che si trasforma in zombie, una libellula alla ricerca della felicità, una falena a Cinecittà («che ama soltanto l'oscurità») un coltivatore di radici che finisce impiccato alle sue stesse radici, un uomo che odia il suo nome («Sono fiammetto, ma sono serio/ è questo nome che è deleterio»). Tra una storiella e l'altra, Tiziano Scarpa diventa un giullare che vorremmo avere in casa. Per divertire grandi e piccini, e per far sentire gli altri poeti cretini.

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