Che festa per il «mezzo secolo» di Muti

Il saluto cordiale con dignità bergamasca rivolto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ci ha ricordato le rattenute origini della gente orobica e il legame con un evo passato civile e cattolicissimo. Il capo dello Stato è intervenuto nel vetusto Teatro Donizetti di Bergamo al concerto che festeggiava i cinquant'anni di carriera del maestro Riccardo Muti. Allora, nel 1966, Muti dirigeva il suo primo concerto con l'Orchestra giovanile di Praga; oggi, con altri giovani, quelli della Cherubin. L'applauso bergamasco si è rinvigorito in un boato all'apparire di Muti, che ha attaccato l'inno di Mameli con piglio temperato da un bel legato, che qualcuno ha definito «donizettiano» in omaggio al genio del luogo (di cui seguiva l'ouverture del Don Pasquale). Per completare gli omaggi incrociati, in apertura e in chiusura, Muti ha dedicato il concerto alla memoria di Gianandrea Gavazzeni, «grande direttore e amico», morto vent'anni fa. Una dedica di cui sono particolarmente grato, ricordando quando il maestro Muti interruppe le prove a Vienna, prese l'aereo con tempo pessimo, e giunse alla Scala appositamente per dirigere la Marcia funebre dell'Eroica di Beethoven, davanti al feretro di mio nonno.

In luogo del bis richiesto dalle ovazioni trionfali del pubblico, Muti ha preferito ringraziare tutti e incitare al sostegno dei giovani musicisti, la meglio gioventù che reclama il diritto a un lavoro dignitoso. A più alto ascoltatore Muti non poteva rivolgersi. Si attendono però i fatti.

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