Ci vuole «Il metodo» per cacciare le teste migliori

Vuoi il dipendente perfetto, quello disposto a fare qualsiasi cosa per l'azienda? Allora trattalo come una cavia, sottoponilo a test serrati, come si fa con i topi in laboratorio. Soprattutto, agisci con metodo. E Il Metodo s'intitola infatti la pièce firmata dal giovane drammaturgo catalano Jordi Garcelan, un'opera tragica e surreale insieme che debutta questa sera al Napoli Teatro Festival Italia (ore 21,30, a Castel Sant'Elmo, replica domani sera,www.napoliteatrofestival.it) facendo calare il sipario della prestigiosa rassegna teatrale su un tema profondamente attuale: la ricerca - esasperante - del lavoro con non c'è.

Ne parliamo con Fiorella Rubino che sul palco partenopeo, dopo il successo dello scorso anno nei panni di Peggy Guggenheim, veste questa volta quelli di una manager: «Sono l'unica donna sulla scena - racconta - con Giorgio Pasotti, Gigio Alberti e Antonello Fassari ci muoviamo su un palco dalla scenografia asettica e claustrofobica. Come cavie da laboratorio, siamo sottoposti a prove di abilità e simulazioni di ogni tipo nella sala di un'azienda. Seguiamo ordini esterni, che ci vengono recapitati attraverso un tubo enorme collegato chissà dove. Il tempo passa, là fuori, ma noi siamo imprigionati dentro, a subire “il metodo”: solo uno di noi sarò il prescelto per la posizione di dirigente di una importante multinazionale. È una pièce moderna, che alterna i toni della commedia a quelli del thriller». Non mancano i colpi di scena, come da buona prassi del teatro antico, ma il tema messo in scena è di sconcertante attualità. Il metodo cui allude il titolo è infatti quello teorizzato dallo psicologo svedese Grönholm, una approccio realmente utilizzato in molto colloqui di selezione del personale. Il regista spagnolo si è molto documentato in materia, lasciandosi ispirare anche da una vicenda di cronaca nera: il ritrovamento, qualche anno fa, nei cesti di un grande supermercato di Madrid, degli appunti di un importante cacciatore di teste sui colloqui che supervisionava. Appunti, va da sé, di un cinismo inaudito, a tratti sconcertante. Sul palco la tensione vive sino alla fine, quando si scopre che tre dei quattro aspiranti alla posizione lavorativa sono in realtà degli infiltrati, ovvero degli psicologi del lavoro mandati dall'azienda per meglio osservare da vicino il candidato. Sarà proprio la finta manager impersonata da Fiorella Rubino a dimostrare che il prescelto è in realtà poco adatto al ruolo.

«Credo che il merito del festival di Napoli sia quello di dare spazio alla drammaturgia contemporanea, aperta ai problemi reali della gente e pronta a sperimentare nuove formule narrative», spiega l'attrice che ha collezionato anche molte importanti interpretazioni shakespeariane. Dopo il debutto partenopeo, la pièce aprirà a Roma la stagione della Sala Umberto e sarà a Milano, sul palco del Manzoni, a fine maggio 2016.

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