"Se son rose", secondo Leonardo Pieraccioni, appassiranno. La durata delle storie d'amore è di tre anni per il comico toscano che è pronto a teorizzarlo nel suo ultimo film, ridanciano compendio di oltre vent'anni di commedie sentimentali e probabilmente ultimo capitolo della sua filmografia destinato all'argomento.
Il tredicesimo lungometraggio, "Se son rose" appunto, chiude un ciclo, a detta dello stesso regista, e ne apre in parte un successivo che sarà improntato sul rapporto tra genitori e figli.
Rispetto ai titoli disastrosi degli ultimi anni, questo scritto con Filippo Bologna ("Perfetti sconosciuti", "Cosa fai a Capodanno?") si lascia guardare e strappa alcune risate ma è evidente che siamo di fronte a un film che ha più chance d'incasso lontano dalla concorrenza presente nei giorni natalizi.
A 53 anni, dismessi i panni del simpatico farfallone alla ricerca di amori da fiaba, Pieraccioni si cala in quelli più realistici di padre separato, indolente e abbattuto da precedenti fallimenti sentimentali. Leonardo Giustini, così si chiama il suo personaggio, è un giornalista che scrive per il web, mangia surgelati e ha incontri sessuali sporadici con Ginora (Elena Cucci), milionaria dai pochi neuroni. La figlia quindicenne, Yolanda (la webstar Mariasole Pollio), avuta con l'ex moglie Fabiola (Claudia Pandolfi), stanca di vederlo trascinarsi in una routine grigia, decide di spacciarsi per lui e inviare a tutte le sue storiche ex una mail con scritto: “Sono cambiato. Riproviamoci!”. Rispondono in quattro: Benedetta (Caterina Murino) diventata una specie di suora laica, Elettra (Gabriella Pession), nevrotica docente di filosofia, Angelica (Micaela Andreozzi), l'amore ai tempi della scuola, e infine Fioretta (Antonia Truppo), la più testosteronica del gruppo.
Il film ricorda, in versione allungata, il celebre siparietto di "Fuochi d'artificio" in cui Pieraccioni a cena ogni volta con un soggetto femminile più improbabile del precedente, si sbrigava a chiedere il conto. Inutile dire che quell'efficacia comica va perduta una volta diluita in un lungometraggio in cui c'è spazio per scene piene di retorica a buon mercato e gag imbarazzanti come quelle con uno sprecato Gianluca Guidi.
A farsi ricordare col sorriso sono il cameo di Vincenzo Salemme, il debutto della settenne Martina Pieraccioni e le divertenti perle esistenziali pronunciate da Nunzia Schiano nel ruolo di vicina di casa.
In linea di massima questo protagonista disilluso, cinico e pantofolaio è abbastanza indovinato: continuare a giocare al "tutti vissero felici e contenti" con una spensieratezza forzata avrebbe soffocato l'autenticità di un autore che nel frattempo è maturato e intende attingere a piene mani dalle vicissitudini della sua vita. Intendiamoci, Pieraccioni in versione immalinconita conserva la simpatia e la tenerezza fanciullesca che lo hanno fatto amare dal grande pubblico, ma l'amarezza che fa ora da retrogusto alla consueta ironia giova alla credibilità.
La sua è un'indagine a ritroso su cosa impedisca alla felicità di coppia di sfidare il passare del tempo.
"Se son rose" assembla sketch, luoghi comuni e battute da cabaret in modo talvolta scomposto ma i fan di Pieraccioni apprezzeranno di ritrovarlo più autentico che negli ultimi film, pronto a evolversi.
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