A New York, lo scorso 8 dicembre, i Rolling Stones, che si esibivano per i loro 50 anni, hanno invitato sul palco un chitarrista che suonava come un diavolo la cover di Going Down del rock-bluesman di culto Don Nix. In America era già un fenomeno, la rivista Rolling Stone mise il suo album Bright Lights (dedicato a Jimmy Reed) tra i migliori 50 dischi del 2011 e lo nominò tra i «Best Young Guns» di quell'anno, ma da noi pochi avevano sentito parlare del texano Gary Clark jr, nuova stella di quel firmamento blues che coniuga la tradizione con i suoni dell'attualità. «Il blues è nel mio sangue e nelle mie vene - dice Clark - mi chiama con prepotenza ma non posso non sentire le invocazioni degli altri generi che hanno fatto la storia della musica, dal rock al soul, dal country dei bianchi al rap».
Ventinove anni appena compiuti, nato ad Austin il 15 febbraio 1984, si nutre di antico blues pur non vivendo l'humus sociale dei musicisti degli anni Venti e Trenta. Blind Lemon Jefferson, vate cieco del blues texano, è morto assiderato una notte di tempesta mentre vagava senza meta; Sam «Lightnin'» Hopkins, che passò dalla chitarra elettrica all'acustica e influenzò decine di rocker, fu sempre considerato un emerginato. Clark è un ragazzo inserito nella società e benvoluto dai musicisti che contano, tanto che suona al Festival Crossroads di Eric Clapton accanto ad artisti quali B.B. King, Buddy Guy, Sheryl Crow; tanto che incide con Alicia Keys e suona alla Casa Bianca con Mick Jagger, Jeff Beck e lo stesso Clapton. Ma che musica suona questo Clark? Un melting pot, un cocktail di blues che ingloba un tocco di psichedelia alla Hendrix (non a caso il New York Times l'ha definito «il nuovo Jimi Hendrix»), un pizzico di Buddy Guy, un tocco di soul blues sbarazzino alla Robert Cray (che tra l'altro è uno dei suoi scopritori), una manciata di hard blues dove i suoni di R.L. Burnside incontrano Jon Spencer.
«Quando suono escono le mie diverse personalità, è come un incontro-scontro tra Dio e il Diavolo, tra bene e Male».
Oggi che Blak and Blu, il suo nuovo album, troneggia nei negozi di dischi di tutto il mondo e impazza in rete, tutti si sono accorti di lui. Di un ragazzo antidivo scoperto da Clifford Antone (proprietario del mitico club Antone's di Austin) e svezzato da Jimmie Vaughan e da una banda di texani «ribelli» alle regole del blues classico. Lui non ha inforcato la strada dei Fabulous Thunderbirds o dei Roomful of Blues, segue una via più personale e varia. «Non per moda o per raggiungere il successo - sottolinea - ma perché io sono così, ho assorbito come una spugna tanti stili e tutti derivano dal blues».
Per questo passa da canzoncine soul con tanto di coretti a vere staffilate psicoblues o a cover di All Along the Watchtower di Bob Dylan (rifatta anche da Henrdix) per poi tornare alla tradizione rileggendo le radici con In the Evening (When the Sun Goes Down) di Big Bill Broonzy o il traditional Catfish Blues ripreso anch'esso da Hendrix nell'album Blues.
«Lemon Jefferson, Lightnin' Hopkins, John Lee Hooker da Detroit ma anche i bluesmen del Mississippi come Charley Patton e Robert Johnson sono le mie fonti principali, ma non ci si può fermare. Grazie a loro sono nati Eric Clapton, i Rolling Stones, Sheryl Crow, tutta musica che ti colpisce come un pugno nello stomaco».
Alcuni puristi storcono il naso, lo vedono come l'ennesimo prodotto di massa che occhieggia sempre più al mercato e alle radio ma Gary Clark jr è personaggio da tenere d'occhio. La sua chitarra sguaiata e distorta ha ancora molte cose da dire agli appassionati di suoni grezzi e anarchici.
Poco importa che alcuni suoi brani siano entrati nei video giochi o negli spot pubblicitari e che lui - di straforo - faccia anche l'attore, la sua chitarra sa parlare al cuore della gente, parola di Eric Clapton e Kirk Hammett dei Metallica, suoi scatenati fan. Un buon biglietto da visita...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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