Così faccio entrare i lettori nelle misteriose stanze dell'arte

Da piccola mi portarono alla National Gallery. Lì capii che quella roba imitava e a volte migliorava la realtà

Così faccio entrare i lettori nelle misteriose stanze dell'arte

Perché scrivo thriller ambientati nel mondo dell'arte? La mia prima risposta a questa domanda è: «Perché non dovrei?». Esiste l'onorata tradizione di scrivere di quel che si conosce, e io conosco l'arte. E il mondo dell'arte. E la storia dell'arte. Quindi, quando mi si è presentata l'opportunità di mettere insieme tutti gli amori della mia vita, l'ho colta al volo.

Credo onestamente che l'arte sia come un brutto raffreddore. Ci si becca il virus. Non l'hai certo chiesto, né ordinato online, né hai sostenuto un esame. Ti sei beccato il virus. A me capitò quand'ero piccola e venni trascinata alla National Gallery: lì mi resi conto santo cielo! che quella roba era dinamite. C'erano persone, interni, paesaggi, scene storiche, dipinti persino mucchi di frutta che imitavano la realtà. In alcuni casi, la miglioravano. Le gallerie sono come un'enorme anima pulsante in ogni capitale del mondo, gravida di colore e protesa verso la comunicazione. Le ninfee di Monet che scintillano, Caravaggio che guarda in tralice imprigionato nell'angusto corsetto di una cornice. E Tiziano, che ci lancia palate di colore, e pelle, e sesso. In un quadro. Un genio? Direi.

Ci vuole un certo livello di bravura per trasferire l'emozione in pittura. Alcuni pittori ce l'hanno. Alcuni no. Vermeer incarna la calma; Velázquez ha una specie di compiacimento da ultimo arrivato; Rembrandt era il figlio di un mugnaio diventato ricco; e Manet conduce il mondo moderno nelle vite dei suoi spettatori, che lo vogliano o meno. Posso ammirare Corot, ma adoro Coubert, l'uomo che si proclamò «il più orgoglioso e arrogante di tutta la Francia». Le donne che ritrae sono prive di vergogna, un concentrato di erotismo; gli uomini muscolosi, bruni, spavaldi sulla tela. Come degli imbroglioni, che sguazzano nella propria presunta malvagità. Solo un artista che era stato coinvolto nella distruzione della colonna Vendôme (e condannato per questo a sei mesi di carcere) poteva essere tanto presuntuoso.

E ammiro anche Artemisia Gentileschi, che è stata un genio del Barocco. Purtroppo è anche stata stuprata dal suo insegnante, e poi portata in tribunale per dimostrare che prima era vergine. Il padre permise che fosse torturata con un serrapollici e lei per tutta risposta gridò al suo aggressore: «Erano questi gli anelli che mi avevi promesso?». Artemisia aveva tanto talento da poter competere con tutti i suoi contemporanei di sesso maschile, ma finì per dover lottare per essere riconosciuta e rispettata. Carlo I d'Inghilterra l'ammirava, ma fu sfortunata anche in quel caso: sappiamo tutti che fine fece il sovrano. L'ultima tragedia dell'altissimo genio di Artemisia Gentileschi è stata che alla sua morte negli epitaffi non venne fatto alcun riferimento alla sua arte. Piuttosto venne definita come un'adultera ninfomane.

Se volete sapere che tipo era l'artista, leggete la sua biografia. Ma se volete conoscerlo per davvero, di pancia, allora guardate che cosa ha dipinto. Sappiamo che Hogarth aveva un mordace spirito satirico, da come attaccava la Chiesa e i politici, ma era anche un tipo molto sentimentale. Guardate il ritratto di Trump, il suo carlino, e gli Stadi della crudeltà. Non molti si preoccupavano di condannare la crudeltà nei confronti di bambini e animali nella Londra dei suoi tempi. Ma Hogarth lo fece. Fu anche presidente del Foundling Hospital, un ricovero per i poveri e gli orfani. Il suo pennello poteva pure rivelarsi perfido, ma quell'uomo aveva un cuore d'oro.

E poi c'è Goya. Pazzo? No, vecchio e scaltro, e intelligente come lo sono solo le persone che vivono in tempi difficili. Pompata dal precoce successo, la vita di Goya divenne sempre più dura man mano che lui invecchiava e il suo Paese andava incontro alla guerra civile. Nei suoi dipinti e nelle sue litografie ci sono atrocità, cannibalismo, stupri, mutilazioni, follia. E in particolare nelle sue litografie, ci ha lasciato una rappresentazione monocroma ancor più terrificante. Non abbiamo bisogno di vedere il rosso del sangue per capire che un uomo sta sanguinando. Forse non è una coincidenza che un altro cronista di guerra, Picasso, abbia dipinto Guernica in monocromo. E alla fine Goya è sopravvissuto al tribunale, ai re, a Napoleone, alle sue stesse opprimenti debolezze e malattie. Come? Con la forza e con il talento. Una combinazione mortale.

Come potrei non scrivere di questi personaggi? Della loro epoca? Delle loro guerre e delle loro vite? Come potrei non desiderare di renderli accessibili? Ovviamente i thriller non sono lezioni di storia, quindi io descrivo eventi contemporanei che si dipanano accanto a vicende storiche, rendendo così per me la scrittura estremamente soddisfacente. Permetto ai lettori di entrare di nascosto nel mio universo. Li faccio sgattaiolare dalla porta sul retro del mondo dell'arte, senza che nemmeno si rendano conto di ciò che sta accadendo. Non vi piace l'arte? Non vi interessano i pittori? Bene. Ma non volete scoprire la storia della più vecchia vergine di Roma? O del pittore che riceveva gli ospiti e li dipingeva a letto? E del famoso artista che venne accusato di sodomia e fu costretto a fuggire per aver salva la vita? Sapevate che uno dei fratelli Carracci si uccise perché non riuscì a farsi pagare dal suo committente? O che un pittore che era anche un monaco saltò il muro del suo monastero per andare a fare sesso con una suora del monastero vicino?

Erano persone. Mosse dagli stessi desideri di agricoltori, avvocati, poliziotti e informatici. L'unica differenza sta nel lavoro che svolgevano. L'arte non è elitaria, a renderla tale sono state le istituzioni. Soffocata da opinioni e pomposità, l'arte, nata per le gente comune, è diventata off limits. All'epoca di Velázquez, o di Michelangelo, le loro opere erano esposte in pubblico, in modo che le persone potessero dare un'occhiata. Infatti, Michelangelo udì qualcuno fare commenti sulla sua Pietà, sostenendo che non poteva essere stato lui a scolpirla. Quella stessa notte, ritornò in chiesa e incise il proprio nome sul panneggio sul seno della Vergine. È ancora lì, andate a controllare. Una reazione umana, di un umano, che caso vuole fosse anche un genio. Anche Leonardo era umano. Comprava gli uccellini al mercato per liberarli dalle gabbie. Nei suoi appunti scrive che aveva bisogno di vedere un uccello volare. Quindi era stata l'empatia o la necessità a muoverlo?

Ed ecco un'altra caratteristica dell'arte. Il linguaggio della pittura. Una porta aperta di una voliera in una stanza in cui è seduta una donna significa che quest'ultima non è vergine. Una ramazza da strega allude al sadomasochismo (pensate a Hogarth). La frutta spaccata è simbolo di decadenza e sensualità. Le scimmie indicano che la persona lì vicino è un imbroglione, il cigno è un simbolo fallico. Come vedete non è il soggetto in sé, ma il punto in cui si trova nel dipinto che suggerisce allo spettatore il suo vero significato. E lo sgabello a tre gambe? In alcune culture si riferisce alla Sacra Trinità. Oppure controllate la linea degli sguardi della Venere e l'organista di Tiziano. L'organista non sta guardando in faccia la donna nuda... E poi c'è la Maddalena Ventura di Ribera. Questa persona tiene in braccio un bambino, e ha un seno scoperto. La figura ha anche la barba. Maddalena Ventura, in effetti, era sposata: ma era mezzo uomo e mezza donna. La cosa confortante è che la sua differenza veniva celebrata. E poi c'è il magnifico ritratto della bambina il cui volto è coperto di peli. Siede lì, vestita elegante, con la gorgiera intorno al collo, e sorride dalla tela. Diversa, incredibile, bellissima.

Ed è stata l'arte a renderla tale.

Niente che sia stato mai esperito, o visto, che sia mai nato o sia stato creato, è sfuggito al pennello dell'artista. Non dite che non vi piace l'arte. Non ignoratela. Avvicinatevi a essa senza paura: entrerete in un mondo straordinario e sorprendentemente familiare.

Ecco perché scrivo thriller sul mondo dell'arte.

Traduzione dall'inglese

di Clara Serretta

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