Cultura e Spettacoli

Cosa resta dei cristiani in tv

Per compiacere Renzi e le sue leggine antifamiglia, telegiornali e canali sono diventati “yes man” anticattolici

Cosa resta dei cristiani in tv

Guardando i programmi di tendenza cattolica, viene da esultare per la coerenza. Si può essere o meno d’accordo su certi temi ma, specialmente in televisione, se non hai una “line” ben precisa, i rischi sono quelli che il telespettatore si trovi disorientato. Da Le frontiere dello Spirito ad A sua immagine su Rai Uno, dalla Santa Messa della prima rete di Stato a quella di Rete 4, c’è un’incessante cavalcata dei programmi cattolici per evangelizzare e diffondere la Buona Novella di Cristo. I dati d’ascolto parlano chiaro: la messa ha sempre uno zoccolo duro, da Rai a Mediaset, fino a Tv2000; nel primo caso, siamo intorno al 20% di share e due milioni e mezzo di telespettatori, nel secondo si toccano punte del 10% e un milione di spettatori, nel terzo anche del 6%, a seconda che sia infrasettimanale o nel week end. Quest’ultima, proprio perché considerata tv di nicchia, nel momento della celebrazione fa uno share stratosferico, sforando di molto la sua bassa media di rete. Ovviamente, a seconda della presenza del Papa, gli ascolti s’impennano. Ma a cosa servono questi show, per altro equilibrati, graditi e di buon ascolto, se poi le tv generaliste e di nicchia vanno contro i principi cattolici e cristiani su cui si basa la nostra cultura? Rai Uno promuove da una parte la famiglia tradizionale, dall’altra con il Tg1 le unioni civili e lo stepchild, soprattutto per fare un favore al Governo Renzi; di paradosso, il Tg3 ha ottimi vaticanisti ma tutta Rai Tre tiene posizioni fortemente di sinistra, pensiamo a Che tempo che Fa o Linea Notte, con ospiti sempre schieratissimi. Mediaset, non dovendo rispondere a nessuno, si trova in uno stallo in cui dà notizie senza esporsi o far esporre alcuna risorsa umana; in fin dei conti, in un momento di marasma politico e sociale, la scelta non è poi così sbagliata. Ciò che fa davvero sorridere sono le piccole del digitale, che in questi mesi, complice il dibattito in aula sulle unioni civili e lo scellerato stepchild adoption, ne approfittano per imbambolare il telespettatore, dal più giovane a quello più anziano. Real Time manda in onda un programma sulle famiglie tradizionali, omosex, trans, e chi più ne ha più ne metta, Deejay Tv fa vedere a letto due uomini che si spogliano seguendo le indicazioni in un maxi schermo, ma quella che fa più ridere è Tv2000. Quest’ultima, pur avendo un Direttore e Vice su posizioni laiche e di sinistra, rimane nel limbo di un irritante finto buonismo, ma ogni tanto tenta velatamente di abbozzare al dibattito, con pareri pro Cei e qualche voce fuori dal coro; la situazione non poteva essere che questa, vista l’origine sinistroide di Paolo Ruffini e del rosso (in tutti i sensi) Alessandro Sortino. Ovviamente, in cuor loro, vorrebbero esprimere tutto il dissenso per l’aria angelica e pacata che si respira negli studi di Tv2000, ma sanno anche che qualora si esponessero in maniera netta, il giorno dopo Ruffini tornerebbe in un ruolo marginale in Rai e il buon Sortino a fare noiosi servizi contro i politici a Le Iene. Lo smarrimento sul tema è totale, ma mentre le unioni civili sono digerite più o meno da tutti, la cosa che colpisce è che, nonostante più dell’80% degli italiani sia in disaccordo con l’adozione da parte di una coppia omosessuale, alcuni politici e personaggi tv cavalchino con ferocia e cattiveria questa battaglia, come a volersi distinguere dalla massa per protagonismo. Questa cosa è oggettivamente squallida, vista la delicata tematica. Su tutti, stupisce il ruolo della Rai che all’interno dei palinsesti inserisce programmi in contraddizione tra loro, inimicandosi un’enorme fetta di pubblico; in primis, gli over perché si trovano bombardati da una serie d’informazioni che non sempre comprendono, in secundis i giovani che, essendo molto attenti a tutto, trovano sgradevole questa dissonanza. Questa situazione porta a pensare che ci sia una vera e propria “dittatura del relativismo”, per usare un sintagma suggestivo dell’allora cardinale Ratzinger, e del “politically correct”, che è pura ipocrisia. Perché ciò? Per lasciare libertà d’espressione a tutti? Perché non esiste una verità e quindi tutte le opinioni sono uguali? Non si sa quali siano i criteri che vengano utilizzati per fare queste scelte ma, credi religiosi a parte, tendiamo a pensare, perché prima di noi lo hanno fatto molti filosofi, che se esistono tante verità allora non esiste nessuna verità. Perché se la verità s’identifica con l’opinione e non con criteri oggettivi, come “il principio di non contraddizione”, il “principio di identità” e “il principio del terzo escluso”, allora siamo in mezzo ad una giungla in cui ognuno può decidere non sulla base della verità ma dei propri gusti.

Se Dio o una verità oggettiva non esistono, allora tutto è permesso.

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