Critica e libri Ma chi influenzano i book influencer?

L'impatto delle segnalazioni è in realtà molto limitato

Francesco Giubilei*

da Roma

Se il livello generale della narrativa italiana contemporanea è lo specchio dei nostri tempi, la critica letteraria si adegua al generale abbassamento di qualità della letteratura nostrana. Mentre in passato i lettori si lasciavano consigliare dalle parole di Emilio Cecchi, Attilio Momigliano, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Ugo Ojetti, Guido Piovene, oggi non resta che ascoltare Mmarti Nao, Jo Reads, Petunia Ollister, Julie Demar e Read Vlog Repeat...

Non sono i protagonisti di nuovi cartoni animati per adolescenti ma le denominazioni di alcuni dei principali book influencer italiani. Già di per sé l'espressione book influencer è ripugnante, i termini inglesi di solito sono utilizzati per dare spessore a qualcosa che non lo ha. Se non si può essere critici letterari perché non si hanno le capacità, la cultura, la credibilità, si può diventare un book influencer, così al primo evento letterario organizzato da una proloco ci si può dare un tono venendo introdotti con l'importante qualifica. Perché spesso, al centro dell'attività dei novelli critici, c'è un ego ipertrofico che viene malcelato quando ci si ha l'occasione di scambiare due parole. Al centro dei loro discorsi, più che del numero di libri pubblicati da Simenon, si parla del numero di like, più che della qualità delle opere pubblicate, si discorre della qualità delle fotografie caricate (di solito paesaggi, luoghi o primi piani dei book influencer). Non a caso il social network preferito dai book influencer è Instagram dove, più dei contenuti, prevale l'immagine.

Così, se il loro contributo al dibattito culturale rasenta lo zero, se non altro, si dirà, i book influencer sono amati da scrittori ed editori perché grazie ai loro post fanno schizzare alle stelle le vendite dei libri. Purtroppo non è così e l'impatto delle segnalazioni degli influencer è estremamente limitato in termini di vendite (lo diciamo a ragion veduta dopo molteplici esperienze).

È lecito perciò domandarsi per quale motivo un editore dovrebbe incontrare in privata sede un rappresentante della rinomata categoria durante «Più libri più liberi», la più importante fiera della piccola e media editoria italiana (chiusasi domenica), dove è stata attivata un'«Area book influencer». Sarà una forma di snobismo (in fondo se nemmeno nel mondo letterario rimane un po' di sano snobismo, nella società dell'egualitarismo e dell'uno vale uno, siamo perduti) ma invertire il paradigma per cui, invece di essere il book influencer che si reca allo stand delle case editrici per vedere le ultime novità, deve essere l'editore (addirittura fissando un appuntamento) a incontrare gli influencer, significa sminuire il ruolo di chi, come i giornalisti culturali, svolge davvero l'attività di critico letterario.

Sorge spontaneo domandarsi chi sia influenzato dai book influencer la cui attività non può essere certo paragonata a quella dei siti e blog letterari in cui vi sono importanti voci, analisi e testimonianze. Spazi di discussione come Letteratitudine, Sul Romanzo, Il libraio, Mangia libri, Libreriamo, per spessore dei loro direttori e dei contenuti pubblicati, non vanno messi sullo stesso piano dell'effimera comunicazione degli influencer della letteratura.

Non si tratta perciò di passatismo e contrarietà ai nuovi strumenti di comunicazione, quanto di sottolineare la necessità per il mondo culturale e letterario di forme e contenuti che si distinguano dalla superficialità del dibattito pubblico dei nostri tempi a cui la maggioranza dei book influencer sembra invece contribuire.

* editore

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