Il culturame di Raitre? Pochi lo guardano, tutti lo paghiamo caro

Masterpiece, il programma che piace alla gente che piace (ma dagli ascolti bassi) costa più di una prima serata di Fazio: è questo il vero "capolavoro"

Il culturame di Raitre? Pochi lo guardano, tutti lo paghiamo caro

Chissà cosa ne penserà Fabio Fazio. Lui, con tutti quegli scrittori veri, quei big della cultura, quei personaggi affascinanti che si siedono accanto alla sua multicolore scrivania, costa meno, ma molto meno di Masterpiece, il nuovo talent per aspiranti autori di Raitre. Lui, Fazio, additato come il più dispendioso presentatore Rai, fa un programma che alla domenica sera, versione prime time di Che tempo che fa, arriva all'11-13 per cento di share. Masterpiece l'altra notte è arrivato al 3,91 per cento con una media di 633.000 spettatori (la prima puntata, la domenica precedente aveva realizzato il 5,14 con 690.000 spettatori). Che tempo che fa costa all'incirca 150.000 euro a puntata. Masterpiece all'incirca 180.000. Il primo dura due ore in prima serata, il secondo un'ora in seconda. Facendo due conti, la prima fase del talent, sei puntate fino a fine dicembre, costa più di un milione di euro. La seconda tranche che andrà in onda da metà febbraio e dovrebbe passare in prima serata, sarà composta da otto puntate: dunque se i costi rimarranno gli stessi, la spesa sarà di un ulteriore milione e mezzo. Certo, il talent sugli scrittori è un «programma innovativo», il primo format del genere mai realizzato al mondo, uno dei pochi show italiani che potrebbe avere l'onore di essere esportato, uno dei pochi che ha ottenuto l'attenzione delle grandi testate estere, dal Guardian al New York Times a Le Figaro a El Mundo, ma il primo obiettivo dovrebbe restare quello di destare sufficiente interesse nel pubblico italiano tanto da giustificare l'ingente spesa da parte dell'azienda pubblica. E, finora, pare che lo show sia andato forte in tutto quel côté di intellettuali, giornalisti, presentatori impegnati e via escludendo... il popolo bue. Del resto come dice Massimo Coppola, il coach-presentatore, «basterebbe che il programma facesse vendere in Italia un libro in più per essere un successo». Come dargli torto in un Paese dove si legge sempre meno e i volumi restano negli scaffali delle librerie. E, certamente, se le 100.000 copie che verranno stampate del romanzo vincitore verranno vendute, si parlerà di trionfo, non solo di successo.

Per ora - ma siamo solo agli inizi e quindi c'è tempo per migliorare - i tre giudici Giancarlo De Cataldo, Andrea De Carlo e Taiye Selasi, faticano a far digerire al pubblico la sequela di aspiranti scrittori che timidamente si impegnano a leggere alcuni passi dei loro «capolavori nel cassetto» e i resoconti delle «sfide» che vengono loro assegnate. Più che aspiranti autori paiono aspiranti depressi: una sequela di «casi umani» e di racconti di storie tremende. Sembra di essere nel salotto di Sergio Castellitto (nella serie In Treatment) piuttosto che in una scuola di scrittura. «L'aspirante scrittore che ha una storia personale forte e trae origini dai suoi dolori è un caso umano finché resta inedito - risponde De Cataldo ai detrattori che si sono scatenati su Internet - poi diventa una caso letterario». Vedremo. Prodotto dalla casa di produzione Fremantle di Lorenzo Mieli, (X Factor nel suo carnet), lo show è stato realizzato in sinergia con editori importanti. Il romanzo vincitore sarà infatti pubblicato da Bompiani (direttore editoriale Elisabetta Sgarbi), casa editrice che fa parte del gruppo Rcs libri, di cui è presidente Paolo Mieli. Il volume, realizzato in collaborazione con Rai Eri e Corriere dellaSera, si potrà trovare sia in libreria sia in edicola. Insomma, un'operazione studiata con grande attenzione, un esperimento da prendere in seria considerazione. «Noi abbiamo bisogno di avvicinare i giovani ai libri, di fargli capire che leggere non è solo per nerds», ha scritto il Guardian commentando lo show di Raitre.

E, certamente, per realizzare una trasmissione di appeal non si può badare a spese: scrittori di grido come i tre giudici - giustamente - vanno pagati bene, la scenografia (negli studi Rai di Torino) è all'altezza, le esterne (i filmati delle prove a cui vengono sottoposti i concorrenti a Torino e in altre città) sono numerose e dunque costose, ma tutto ciò legittima budget così alti?

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