Su Netflix arriva Curon. Storia (italiana) da brividi. Ma la recitazione non convince

Arriverà su Netflix il prossimo 10 giugno Curon, una nuova serie italiana che indaga il genere horror in uno dei luoghi più affascinanti d'Italia

Su Netflix arriva Curon. Storia (italiana) da brividi. Ma la recitazione non convince

Bisognerà attendere il 10 giugno per poter vedere Curon, nuova produzione italiana di Netflix. La serie, composta da 7 episodi, rappresenta un interessante esperimento da parte di una produzione italiana che si avventura in un cosiddetto prodotto di genere.

Curon, infatti, eredita tanto lo stile quanto le ambientazioni del genere horror: tra scomparse, personaggi misteriosi e antiche leggende, il racconto procede grazie ad un costante senso di tensione, di minaccia che vibra ai limiti del quadro, e che scava a pieni mani negli archetipi della paura.

La storia

La storia è quella di Anna (Valeria Bilello) che dopo anni a Milano, per sfuggire ad un marito violento, decide di tornare a Curon, paese natio che sorge sul Lago di Resia. Si tratta di uno scenario estremamente affascinante, noto soprattutto per il campanile che sorge dalle acque del lago e che rappresenta l'ultima testimonianza della vecchia città, sommersa dalle acque del bacino artificiale nel 1950. Uno scenario reale che, in Curon, si arricchisce di toni cupi che sembrano guardare ad alcune produzioni internazionali di casa Netflix, come Dark.

Tornata nella casa dove è stata vittima di un trauma spaventoso, Anna non ha altra intenzione se non tenere al sicuro i figli, i gemelli Daria (Margherita Morchio) e Mauro (il Federico Russo de I Cesaroni). Tuttavia gli abitanti del luogo non vedono di buon occhio il ritorno di Anna e anche i due ragazzi avranno delle difficoltà ad ambientarsi nella nuova scuola. Quando però, improvvisamente, Anna scompare, i gemelli dovranno scavare a fondo nelle tradizioni e nella storia del posto per capire cosa è successo alla loro mamma e per evitare che qualcosa di ancora più orribile succeda alle persone che hanno intorno.

Il ritmo e la fotografia

Curon è stata creata da Ezio Abbate, Ivano Fachin, Giovanni Galassi e Tommaso Matano e si presenta allo spettatore come un'opera che vuol parlare al proprio pubblico attraverso un ritmo quasi sempre incalzante, che fa leva sulla curiosità di chi guarda e che vuole arrivare a scoprire il bandolo della matassa. Questo fa sì che la serie si veda come il proverbiale bicchiere d'acqua: gli episodi scorrono senza fatica e senza che lo spettatore subisca un calo dell'attenzione. A livello narrativo, dunque, Curon funziona molto bene.

E funziona con gli stessi ottimi risultati anche a livello estetico: la fotografia cupa così come la scelta di utilizzare toni quasi sempre freddi si sposa alla perfezione con l'ambientazione scelta e con la scenografia, che sembra voler omaggiare in parte l'Overlook Hotel di Shining. La città di Curon, con il suo lago e i suoi abitanti pieni di sospetto, diventa allora il teatro perfetto per una storia dell'orrore in cui due adolescenti devono combattere contro l'impossibile.

La storia è intrisa di misteri e di spaventosi segreti che sono pronti a tornare a galla, ma anche le relazioni umane hanno un loro peso all'interno della trama. Questo fa sì che se da una parte lo spettatore è avido di dettagli che svelino la maledizione che incombe sul piccolo borgo con il campanile fantasma, dall'altro l'attenzione è comunque tenuta in vita dagli intrecci tra personaggi, in un gioco tra passato e presente che ha nel tema del doppio la sua rappresentazione massima.

Ma gli attori non convincono

A non convincere del tutto, però, è il versante della recitazione: se da una parte ci sono delle prove assolutamente convincenti - soprattutto per quanto riguarda la coppia dei gemelli protagonisti - in altre occasioni si ha la sensazione di assistere all'overacting.

Alcune interpretazioni, infatti, sono un po' troppo eccessive, mentre altre sembrano essere legate ad un tipo di arte molto più teatrale, che appare fuori luogo in un prodotto pensato per il piccolo schermo. Il risultato, dunque, è un buon esperimento di genere: una serie che riesce ad incuriosire nonostante alcuni difetti che ne abbassano il livello generale.

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