C'è un sovrano che con le sue azioni ha condizionato in modo incredibile la politica europea e la storia del Medioevo. È Filippo IV di Francia detto «il Bello» (1268-1314).
Filippo divenne re nel 1285, nel pieno di una guerra che contrapponeva i Capetingi a Pietro III di Aragona. Filippo III «l'Ardito» accerchiò e vinse la città di Girona ma l'assedio fu lungo e tra le truppe francesi, che vivevano in condizioni igieniche pessime, si scatenò la dissenteria che uccise il monarca e catapultò il figlio sul trono.
Alto ed elegante, descritto da alcuni cronisti, ad esempio l'italiano Giovanni Villani, come savio ed assennato, Filippo «il Bello» ebbe sin dall'inizio come principale programma di governo quello di rafforzare la monarchia francese, a quell'epoca ancora molto fragile. Si sforzò di rendere stabile ed efficiente la burocrazia e di rendere alcuni ruoli di corte istituzionali. Questi suoi sforzi e la politica militare, a partire dalla guerra di Fiandra del 1297, fecero sì che Filippo fosse continuamente affamato di denaro. Questa sua brama d'oro ne fece un personaggio estremamente ambiguo. Favorì i mercanti italiani, soprattutto fiorentini. Ma poi si mise a perseguitarli e ad espellerli, con la scusa dell'usura (gravissimo peccato nel Medioevo) per non pagare i debiti.
Destino peggiore tocco agli ebrei e ai Cavalieri Templari che furono un validissimo sostegno alla politica di Filippo, sino a che il monarca non si rese conto che anche il suo debito con i Cavalieri del Tempio era diventato esponenziale. Su consiglio del suo cancelliere, il noto giurista Guglielmo di Nogaret (che infiltrò anche spie nel Tempio) e del suo ministro delle finanze, Enguerrand de Marigny, decise la soppressione dell'ordine e il massacro di migliaia di monaci cavalieri. Tanto che il Gran Maestro Jacques de Molay finì sul rogo nel 1314.
E ancora prima Filippo entrò in conflitto diretto con il Papato, a causa della tassazione del clero francese. E fu proprio la sua schiacciante vittoria su Bonifacio VIII a incrinare, per la prima volta seriamente, il potere del pontefice romano. Al punto che lo schiaffo di Anagni (8 settembre 1303) dato, secondo la leggenda, o da Sciarra Colonna o dal succitato Nogaret, mentre il pontefice veniva preso prigionieri con l'aiuto delle truppe francesi, è diventato proverbiale...
Non stupisce quindi che Filippo «il Bello» - un personaggio così interessante - sia al centro della trama del nuovo romanzo storico di Barbara Frale appena arrivato in libreria La torre maledetta dei Templari (Newton Compton, pagg. 352, euro 9,90). Frale, classe 1970, è una storica e archivista di vaglia, nota soprattutto per i suoi studi come I Templari e la Sindone di Cristo (il Mulino, 2009) o La leggenda nera dei Templari (Laterza, 2016). Da qualche hanno però ha deciso di dedicarsi anche al romanzo storico (tra i titoli ricordiamo I sotterranei di Notre-Dame, sempre Newton Compton).
Nel nuovo La torre maledetta dei Templari l'autrice si focalizza sugli eventi che partono dalla corte francese nell'inverno del 1302. Come dicevamo, Filippo in questa fase ha messo in piedi una delle più formidabili armate del mondo cristiano, ma il regno è perpetuamente sull'orlo della bancarotta e urgono soluzioni drastiche. Per pagare i debiti di Stato, il sovrano ha un piano segreto che potrebbe costargli anche la scomunica: intende aggredire Firenze con un pretesto per razziare le sue riserve di fiorini d'oro, l'equivalente medievale di quello che potrebbe essere, nel mondo odierno, la Federal Reserve degli Stati uniti d'America. Ma esiste un grandissimo ostacolo, ovvero proprio Bonifacio VIII... La Signoria di Firenze, infatti, ha chiesto la protezione del pontefice, dal momento che in Vaticano abita la sola persona in grado di sviare il re di Francia su altri bersagli: Arnaldo da Villanova (altro personaggio realmente esistito). Arnaldo, detto il Catalano, medico talentuoso benché tacciato di praticare la magia, ha un'altra dote niente affatto alchemica: può interpretare i misteriosi segni impressi nel più antico sigillo dei Templari, e così rivelare oscuri segreti gelosamente custoditi sull'Ordine combattente. Si vocifera, infatti, che nella grande torre dell'Ordine, proprio fuori Parigi, sia nascosta un'immensa fortuna in oro. I Templari potrebbero salvare la Francia con la loro ricchezza, ma davvero intendono farlo?
Non possiamo svelare qui, ovviamente, tutte le pieghe della trama, faremmo un torto al lettore. Diciamo però che l'ordito è davvero ben costruito.
La Frale conosce alla perfezione la materia, caratterizza mirabilmente i personaggi e lega i vicoli di Parigi a ciò che avviene a corte, l'archivio pontificia e le fortezze dei Templari, i lavoranti delle zecche e i dignitari di corte. E alla fine il vero salvatore dai debiti e dai baroni di Filippo «il Bello» sarà una vera sorpresa per il lettore, come il suo capolavoro di diplomazia.
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