La decisione dell'Associazione italiana editori di dare il via a un progetto con Fiera Milano sfilandosi dal Salone del Libro di Torino, che annaspa tra guai giudiziari e gestionali, ha prodotto un terremoto le cui onde sismiche scuotono sia il mondo dell'industria culturale che quello della politica. In primis va registrata la rivolta di un numero consistente di piccoli e medi editori che aveva iniziato a configurarsi già in fase di voto - il progetto milanese è passato con 17 voti a favore, 8 astenuti e 7 contrari (Feltrinelli, Polillo, Marcos y Marcos, Principato, Manni, Sei e Gallucci). Ieri è arrivata la frattura vera e propria. Hanno deciso di uscire dall'Aie: add editore, e/o, Iperborea, LiberAria, Lindau, minimumfax, Nottetempo, Nutrimenti, SUR e 66thand2nd. In una lettera al presidente Federico Motta hanno comunicato che: "Il modo in cui è stato gestito l'affaire Salone del libro ha creato un forte malcontento... Indipendentemente dal risultato (crediamo sia sbagliato voler contrapporre a una grande fiera italiana un evento concorrenziale laddove invece bisognerebbe moltiplicare, e non dividere, le occasioni di avvicinamento alla lettura... quindi ben venga un'altra fiera ma perché in concorrenza e negli stessi giorni?), ciò che ci ha lasciato perplessi è il modo in cui la decisione è stata presa... Non ci sentiamo insomma rappresentati da questa Associazione, pertanto diamo qui le nostre dimissioni con effetto immediato". Una frattura netta a cui la presidenza Aie ha prontamente risposto senza smorzare i toni. "Danno un giudizio senza conoscere nei dettagli il progetto, pur avendo ricevuto prima due comunicazioni sul tema" ha dichiarato Federico Motta. E ancora: "In una associazione sono i rappresentanti eletti dai soci che sono chiamati a prendere le decisioni, Aie tutela gli interessi degli editori, tutti... con il progetto Milano non si vuole far altro che replicare il modello di 'Più libri più liberi' che Aie organizza e sostiene da 15 anni proprio per valorizzare l'editoria indipendente". Ha però lasciato anche una porta aperta: "A settembre sono previsti diversi momenti con i soci di ascolto e confronto sul progetto. L'invito è di aspettare quel momento per poter giudicare".
Intanto, per Torino, il rischio di veder "svuotare" una delle iniziative caratterizzanti della città è fortissimo. Ecco perché sia il presidente della Regione Sergio Chiamparino sia il neo eletto sindaco Chiara Appendino ribadiscono che il Salone 2017 si farà. Ma è anche già iniziato il balletto delle responsabilità. Se Appendino ha messo l'accento sui "troppi errori passati", il Pd torinese ha scaricato, ieri, sulla neo sindaco lo scippo: "Esprimiamo forti critiche sulla gestione della sindaca. Ci sono state indicazioni molto generiche sulla governance, sul rapporto con l'Aie e soprattutto l'errore clamoroso nell'indicare una sede alternativa al Lingotto". Altro errore "è stato l'attacco frontale a Milano... senza costruire una proposta alternativa". Ora però sotto la Mole dovranno tutti fare quadrato attorno ad Appendino in prospettiva della riunione del Cda della Fondazione che si svolgerà oggi (a cui l'Aie non parteciperà, avendo ufficializzato ieri il recesso dalla Fondazione). "L'edizione 2017 del Salone del libro si farà... stiamo già lavorando a un nuovo format che coinvolga maggiormente la città". Ma i tempi sono brevi e molto dipenderà dalla "sponda" che darà il Mibact di Dario Franceschini, entrato un anno fa nella Fondazione. Ma per ora il ministero, pur pungolato, tace.
Intanto però guardando i documenti riassuntivi che secondo alcune fonti avrebbero guidato le scelte dell'Aie più che di una scelta ideologica tra privato e pubblico, così l'anno vissuta alcuni editori perplessi (come Giuseppe Laterza), l'impressione è che abbiano contato i numeri e la solidità del progetto. Il costo dello spazio espositivo di Torino per l'anno prossimo sarebbe stato di 600mila euro. A Milano il costo per il primo e il secondo anno sarebbe di 210mila euro, per il terzo anno di 300mila e per il quarto anno di 360mila. Maggiori le certezze sulla gestione del marchio, garantita all'Aie la direzione editoriale. E poi ci sono cose più di dettaglio ma non irrilevanti: l'investimento sulla comunicazione al Lingotto sarebbe decisamente inferiore di quello milanese.
Se i dati sono questi, sono dati pesanti. Intanto di sicuro grande è la confusione sotto il cielo. Il che forse era eccellente per Mao Zedong ma di sicuro non lo è per un Salone torinese acciaccatissimo e per un progetto milanese ancora in culla.
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