«Dirigo da 72 anni: per non impazzire leggo Dostoevskij»

Il teatro La Fenice di Venezia rinasceva dalle ceneri nel dicembre 2003, dopo l'incendio di sette anni prima. Domani festeggia il decennale della riapertura con una serata griffata Lorin Maazel che dirigerà i complessi veneziani nella Nona Sinfonia di Beethoven. Chiusura, dunque, con l'Inno alla Gioia.
Maazel, 83 anni, americano di origine ebreo russa, è il direttore più dotato degli ultimi tempi. Così assicurano gli orchestrali, ammirati per come riesca a cogliere le più impercettibili sfumature del suono, ma come può capitare ai superdotati, non sempre ama fare il proprio mestiere... Stessa scioltezza quando imbraccia il violino, lo abbiamo visto più volte sdoppiarsi durante i concerti del Capodanno viennese. Altro tratto distintivo: ottiene cachet d'oro. È un bulimico, nell'arte e nella vita: dirige, suona, compone (opere in scena alla Scala e Covent Garden), divora libri, nella sua tenuta in Virginia ha creato una bottega di perfezionamento con annesso festival. Stravede per i cavalli, le competizioni annesse, e il bello in generale, lo ha dimostrato anche sposando l'attrice Dietlinde Turban.
Ha trascorso 72 anni sul podio, conducendo 200 orchestre. Ha inciso 300 dischi e firmato 7mila concerti e opere. Non la spaventano questi numeri?
«Le cose vengono fatte una per volta, giorno dopo giorno. Una prova, un concerto, un'incisione... Poi, dopo 72 anni, si fa la somma. Anche oggi, come un tempo, mi concentro su ciò che sto facendo nel momento specifico, senza fare calcoli. E comunque, guardi che ho fatto più di questo».
Vale a dire?
«Per esempio ho divorato libri. La lettura mi ha impedito di deragliare, di sprofondare nel nostro mondo di stress e invidie. Ha modellato i miei obiettivi, attitudini, percezioni».
Quali letture in particolare?
«La Repubblica di Platone, I Fratelli Karamazov di Dostoevskij, Il rosso e il nero di Stendhal, Macbeth e King Lear di Shakespeare, Don Chisciotte di Cervantes e centinaia altri».
Neanche un italiano?
«Enrico IV di Pirandello. Posso dare un consiglio di lettura?»
Prego...
«Va assolutamente letto L'obelisco nero di Erich Maria Remarque, ammesso che non temiate di conoscere la Brutta Verità che riguarda voi e me. I libri menzionati hanno in comune il proposito dell'autore di squarciare il velo dell'ipocrisia e delle delusioni che indossiamo tutti i giorni».
Solo la lettura ha avuto questo impatto su di lei?
«Tutto ciò per cui ci struggiamo, che è o potrebbe e dovrebbe essere, è insito nella Musica, nella Vera Musica. Dirigerò Butterfly di Puccini al mio Festival in Virginia. Ebbene, nessun compositore è riuscito a entrare nell'animo umano, quello più puro e incorrotto, come ha fatto Puccini in quest'opera. Ci mostra la bellezza che c'è in tutti noi prima che si sgretoli nella banalità della vita quotidiana. Butterfly, 15 anni, crede in Dio e nella Verità. Mr e Mrs. Pinkerton, moralizzatori, la conducono all'harakiri».
Cosa rappresenta La Fenice di Venezia?
«È un gioiello, gioia per occhi e orecchie. È intima, ma spaziosa, sonora senza essere stridula».
Ha ancora un ruolo di primo piano, oggi, l'Italia musicale?
«Ha una serie di compositori e teatri che forse rivestono più significato per gli stranieri che per quanti dovrebbero essere i custodi della cultura italiana, cioè voi. Ha bisogno di uno sforzo più grande nel portare la musica ai giovani».
Si lamenta il fatto che le orchestra italiane non emergano sullo scacchiere internazionale. Che pecche hanno?
«Spiace che si dica questo. Orchestre come quelle di Roma e della Rai di Torino non sono seconde a nessuno. I complessi del Maggio, Scala, Santa Cecilia possono competere con le colleghe straniere.

Le grandi orchestre hanno bisogno di grandi direttori. Che dovrebbero - però - essere chiamati a lavorare in Italia...»
Quindi lei quando tornerà?
«In gennaio, per dirigere Santa Cecilia di Roma. Poi ci sono dei progetti con la Scala, per il 2015».

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