Il dottor Lepsius si aggira nel monastero alla ricerca di antichissimi documenti

di Matthew Phipps Shiel

La missione raggiunse alla fine d'agosto la città di Gondar; era un mondo di montagne, dopo il viaggio in cammello di qualche settimana attraverso le pianure della Somalia. Per settembre il dottor Lepsius si era guadagnato da parte del viceré, o ras, una protezione sufficiente per i suoi scopi, e, con la sua solita temerarietà, si avventurò su di un asino con un solo servo Choan verso il Lago Sana, venti miglia a sud, per esaminare i manoscritti, ecc.

Sembra che in queste regioni la stagione delle piogge duri da giugno alla fine di settembre, così che allora stava diluviando impietosamente. Tuttavia una mattina Lepsius arriva al lago, e viene trasportato su una barca a remi larga quanto un bufalo, come mi raccontò, fino a uno degli isolotti.

Su quest'isola c'era una specie di doppio monastero metà occupato da donne e metà da uomini, ai quali Lepsius portava una lettera di presentazione datagli dall'abuna (o padre) di Gondar, il capo della Chiesa copto-cristiana d'Abissinia; ma al monastero l'accoglienza per lo scienziato fu poco cordiale: dopo essere approdato, dovette infatti ciondolare per un'ora intera senza scorgere coloro presso i quali sarebbe stato ospitato. Risultò comunque che questo non era dovuto all'ostilità dei monaci, poiché sembra che essi, dal momento che il priore era morto da poco, fossero ancora intenti alla cerimonia dell'elezione del suo successore. Quando fu terminata, Lepsius fu accolto abbastanza cordialmente e subito dopo due monaci lo condussero in barca, sotto la pioggia, nel luogo dove erano custoditi i testi: mi raccontò che questi due religiosi erano tipi dalla pelle scura con i capelli crespi raccolti in trecce, mentre la biblioteca, simile a una moschea, si trovava su un'altra isola a mezzo miglio dal monastero.

Qui dunque, su questa seconda isola, Lepsius si trattenne per la maggior parte della giornata, frugando in giro in modo da soddisfare la propria curiosità. Mi spiegò che dal VI secolo della nostra era l'Abissinia rappresentava una potenza aggressiva in via d'espansione; aveva traffici con l'India, con Ceylon, con l'Impero Bizantino e controllava la maggior parte dell'Arabia; così la moschea era stipata di ogni genere di paccottiglia e di resti del tempo andato: documenti, urne, reliquie, cartigli, libri in corifa (...); e la sola cosa che disturbava la tranquillità di Lepsius nell'aggirarsi libero tra queste messi era la continua presenza dei due monaci che l'avevano accompagnato, e che non l'abbandonavano un istante. Uno di loro, mi disse, era un individuo particolarmente spavaldo: portava sopra l'abito di cotone due scimitarre in foderi di marocchino rosso, e pare che il suo aspetto avesse di colpo e in modo spiacevole reso evidente il fatto che in Abissinia la Chiesa ha uno spiccato orientamento militare. (...)

Verso il tramonto scese alcuni scalini e arrivò a un corridoio sotterraneo in cui si aprivano porte e vani chiusi da cancelli; dal momento che aveva già esaminato con i suoi modi svelti i tesori posti di sopra, voleva scorrere quelli di sotto finché restava un po' di luce.

A metà del corridoio, in un momento in cui i due monaci stavano parlottando fra loro, notò un cancello mezzo aperto ed entrò; allora l'accompagnatore dall'aspetto più minaccioso si avvicinò bruscamente e battendogli sulla spalla lo avvisò: «Non lì!». Ma Lepsius era già entrato e facendo finta di non aver capito salì un altro gradino e si guardò intorno.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica