nostro inviato a Sanremo
D'ora in poi nessuno sbaglierà più il suo nome. Come è successo da quando è sbarcato qui a Sanremo. E nessuno lo chiamerà più «il Banderas all'italiana», come è stato definito quando impazzava il toto-conduttori del Festival. Dall'altro ieri sera Pierfrancesco Favino è entrato nel cuore e nel pensiero del grande pubblico televisivo. Certo la sua carriera cinematografica, da Acab a Suburra fino all'ultimo film di Muccino A casa tutti bene, in uscita la settimana prossima, parla per lui. Come quella teatrale. Ma, si sa, niente come il Festival ti regala la popolarità tra chi non frequenta le sale cinematografiche e i palchi teatrali. Però Sanremo ti può esaltare o anche distruggere. E lui non è finito nel tritacarne festivaliero. Ha cantato, recitato, giocato ironicamente con Baglioni e Hunziker, si è cimentato in un mash-up di brani, da Zucchero a Battisti, ha dimostrato di essere uno showman, non solo un attore. Insomma, è la rivelazione di questo Festival per la parte spettacolo.
«Non esageriamo, è stato un lavoro corale, ma sono molto contento», ha detto in conferenza stampa. Però ha mostrato doti che prima nessuno conosceva. «Ma io le conoscevo, e su questo palco mi è stata data la possibilità di mostrarle agli altri», spiega. All'inizio un po' ingessato, nel corso della serata del debutto si è sciolto e ieri è migliorato ancora. Martedì tra l'altro giocava a suo sfavore il confronto con quel mostro sacro di Fiorello che si è portato via tutta l'attenzione nella prima parte della serata. «Ma lui è il Maradona dello show, non mi metto certo a paragonarmi con lui, io faccio parte della squadra dei tre moschettieri, avevo voglia di sfidarmi, di prendermi in giro e penso di esserci riuscito». Una sfida che potrebbe accogliere appieno e aggiungere al suo curriculum già lungo: la carriera di showman. «Ora non esageriamo, certo tra cinema, teatro e tv non vedo nessun contrasto, tanti attori anche all'estero passano dall'uno all'altro, però per me Sanremo è un'esperienza che si apre e si chiude qui». Un'esperienza che lo diverte, anche perché ha sempre amato il Festival. Lo guardava ogni anno con gli amici, scommettendo anche sul vincitore (e imbrogliando con i bigliettini per indovinare). Da ragazzo conosceva più i nomi dei cantanti che quelli dei calciatori. La canzone che più gli è rimasta nel cuore è Vacanze romane dei Matia Bazar. Insomma, nel suo destino c'era la Riviera. E chissà che non ci torni.
Intanto, per mischiare alto e basso, come si conviene a uno showman, finito Sanremo, prima aspetterà il responso del botteghino per il film di Muccino,
poi darà la voce al progetto Giudizio Universale- Michelangelo and The secrets of The Sistine Chapel, con le musiche di Sting da metà marzo all'Auditorium di Roma. E chissà che non rimpianga la scollatura della Hunziker...
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