Ecco il film del weekend: Don Jon di Gordon-Levitt

Una commedia provocatoria e dissacrante che, oltre a divertire, regala utili spunti di riflessione sulla coppia, sull'amore e sul femminile

Ecco il film del weekend: Don Jon di Gordon-Levitt

Presentato al Sundance Film Festival e al Festival Internazionale del Cinema di Berlino, "Don Jon" è il primo film diretto dall'attore Joseph Gordon-Levitt, che ne è anche lo sceneggiatore e l'interprete principale. Si tratta di un esordio scanzonato e allo stesso tempo maturo, che schiva in maniera temeraria gli stereotipi della commedia sentimentale classica americana.

Jon Martello (Joseph Gordon-Levitt) è un coatto italoamericano di seconda generazione, i cui interessi sono le donne, la chiesa, la famiglia, la palestra e, soprattutto, il porno. E' talmente dipendente dall'amore solitario davanti al video, che non riesce a privarsene neppure dopo aver conosciuto la bella Barbara (Scarlett Johansson) e aver intrecciato con lei la sua prima storia seria. Quando la ragazza, fissata con i film romantici, scoprirà il passatempo segreto del suo compagno, non la prenderà bene.

"Don Jon" è una pellicola piena di energia e arguzia che non incanta in maniera tradizionale ma, strano a dirsi, attraverso una schiettezza un po' bruta. Gordon-Levitt dipinge con humour e autenticità quelle che sono alcune moderne dinamiche di coppia e nasconde, dietro ludica leggerezza, qualche riflessione più profonda. I due protagonisti sono il frutto di una cultura mediatica fatta di apparenza, aspettative preconfezionate e superficialità; ignorano completamente cosa sia l'intimità vera. Sono polarizzati a tal punto nel proprio ruolo di maschio e di femmina, che passano del tempo insieme senza incontrarsi mai davvero. Sarà una donna più adulta, interpretata da Julianne Moore, a metà film, a venire in soccorso dell'immaturità sentimentale di Jon.

Tra comprimari spassosissimi, ironia sulla chiesa cattolica e altre giocosità, il film ha molti momenti esilaranti; ma possiede anche una parte più riflessiva, celata nel confronto a distanza tra le due donne frequentate dal protagonista. Le due incarnano scelte opposte di vivere la propria femminilità: quella cui dà corpo la Johansson ha standard di obbedienza altissimi e punta a dominare il maschio attraverso la seduzione e l'uso ricattatorio del sesso; l'altra, il personaggio della Moore, non ha bisogno di ostentare il corpo perché non si affida a parametri estetici ma al fatto di essere una creatura particolare, accogliente, certo non risolta ma che sa cos'è la vita e punta, attraverso la condivisione di anima e cervello, a far crescere la persona che ha vicino.

Non è minimamente l'elogio della donna matura, ma del femminile autentico, capace di spontaneità e rispetto, a scapito di quello fasullo, interessato e manipolatorio; un bel motivo, visti i tempi che corrono, per consigliarne la visione.

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