Egregio Fabio Fazio, ho seguito la puntata di martedì sera del programma Quello che (non) ho. Ascoltando la presentazione da Lei svolta dellospite (una staffetta partigiana che ha reso testimonianza della sofferta esperienza di combattente per la libertà), se non sbaglio ha contabilizzato in 450mila i giovani saliti sulle montagne per restituirci lonore e la democrazia. Le potrà sembrare una questione oziosa o impertinente, ma a chi come me si occupa da tempo del tema della Resistenza e della guerra civile combattuta in Italia tra il 1943 e il 45 la sua indicazione non è passata inosservata suscitando una certa sorpresa. La letteratura sullargomento che io conosco parla di un numero molto più ridotto, anche se va detto che mancano dati precisi e incontrovertibili sulleffettiva consistenza delle forze partigiane. Le valutazioni più accreditate (per tutti, Giorgio Bocca, Storia dellItalia partigiana, Mondadori, 1952) oscillano tra gli 80mila e i 130mila i partigiani combattenti e salgono a 250/300mila solo nei giorni dellinsurrezione. Non è certo la contabilità che può rendere ragione della portata storica e del significato morale della lotta partigiana, ma se - come Lei sottolinea - contano le parole, converrà con me che non contano meno i numeri. Sono curioso perciò di conoscere la fonte da cui ha tratto i suoi dati e le sarei riconoscente se mi offrisse lindicazione. Da ultimo, per entrare nello specifico del tema da Lei affrontato nelloccasione, devo confessarle che, parlando di «Resistenza», mi sarei aspettato si chiarisse a quale fronte nemico i partigiani «resistevano», pena lamputazione del significato pieno della parola stessa Resistenza.
So che può risultare «scomodo» trattare anche dei «ragazzi di Salò» ma mi sembra che il suo programma si proponesse proprio di affrontare le «parole scomode». Grato se vorrà riservare attenzione alle mie osservazioni.* docente di Storia contemporanea,
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