È indiscutibile come la maggioranza della critica italiana provi un certo imbarazzo, oggi come ieri, di fronte alle posizioni ideologiche destrorse di alcune grandi figure letterarie e artistiche del secolo scorso, le quali sono da questi stessi critici idolatrate finché araldi di un movimento estetico ricco e innovativo confinato nei limiti appunto della Letteratura e dell'Arte. È il caso, per intenderci, di un Pound, di un Marinetti. Nel momento in cui, tuttavia, tali figure sconfinano nel territorio politico-ideologico sono immediatamente viste con malcelata diffidenza, tacciate di stravaganza o, peggio ancora, subiscono quella che Mario Bernardi Guardi ha definito un'«operazione di profilassi».
Ebbene, Pessoa, come Pound, Marinetti e tanti altri importanti esponenti del Novecento letterario e artistico, è stato vittima in Italia di una rimozione riguardo varie componenti della sua sconfinata e multiforme opera. Di quest'opera, e fino a una ventina d'anni fa, era stata divulgata esclusivamente qui da noi la parte legata alla creazione letteraria, tanto ortonima quanto eteronima. Venendo a essere trascurati per completo e, quindi, non divulgati con opportune traduzioni, altri suoi aspetti non meno importanti, in considerazione del fatto che il Pessoa poeta si compenetra nel Pessoa pensatore e viceversa. Il tutto con riferimento, in particolare, sia all'aspetto socio-politico che all'aspetto economico, senza dimenticare quello mitico-profetico, religioso ed esoterico.
Più o meno gli ultimi venticinque anni del mio percorso quarantennale di docente universitario li ho dedicati in massima parte a Fernando Pessoa, in termini tanto di ricerca e studio quanto di divulgazione, per il tramite di svariate pubblicazioni saggi, articoli, traduzioni e curatele e di corsi, conferenze e comunicazioni congressuali. Una scelta che mi ha riservato molte soddisfazioni e riconoscimenti, in Italia e all'estero. Non senza, tuttavia, disappunti e scontri verbali a distanza con alcuni colleghi lusitanisti italiani.
Nel dicembre del 1994, uscirono in contemporanea il volume Scritti di sociologia e teoria politica (Settimo Sigillo) e il numero 5 della rivista Futuro Presente, diretta da Alessandro Campi e la cui sezione monografica, da me curata così come il volume richiamato, era dedicata al Pessoa politico e, in parte, occultista. La Repubblica del 30 novembre, per il tramite dell'allora responsabile delle sue pagine culturali, Antonio Gnoli, ne diede l'anticipazione con grande risalto, titolando l'articolo «Pessoa destra e astri». Nell'occhiello si leggeva: «Astrologo, occultista, mistico ma soprattutto critico feroce della democrazia e del cristianesimo. Escono gli scritti politici del grande poeta portoghese e si apre un caso. Era fascista?». Tanto l'articolo quanto il titolo e l'occhiello rispecchiavano nella sostanza le coordinate essenziali del pensiero politico pessoano. Antonio Gnoli, critico e studioso di riconosciuta onestà intellettuale, d'immediato si rese conto di quanto importante fosse il contenuto delle bozze che gli erano state recapitate: disvelavano ai molti italiani interessati a Fernando Pessoa un nuovo, pur se scomodo, aspetto della sua pluripersonalità.
Numerose sarebbero state le recensioni, sia al volume (uscito nel 1995 anche in traduzione tedesca), sia al numero 5 di Futuro Presente, apparse su quotidiani, settimanali e riviste. Altrettanto numerose sarebbero state le reazioni registratesi tanto a destra quanto a sinistra, pur se in alcuni casi spropositate, quando eccessivamente di parte. Ciò rientra, purtroppo, in un costume tipico dell'intellettualità italiana, composta ancora oggi di fazioni, e al quale credo di essere estraneo, poiché non mi sento di condividere appieno alcun tipo d'ideologia codificata. Le ideologie, diceva Goffredo Parise, «hanno tempi molto brevi, ma poi scompaiono. Se per ideologia si intende una personale, individuale visione del mondo, dirò che ogni uomo ne ha una...». Considerazioni che Fernando Pessoa avrebbe di certo sottoscritto in pieno! Invero, quel che ci si dovrebbe attendere dagli addetti ai lavori non è la bassa politica accademica, non è la faziosità di parte, l'anatema, l'insulto, ma stili di pensiero ispirati a onestà intellettuale. Eppure, non mi sono mai illuso che gli intellettuali organici di gramsciana memoria si fossero qui da noi definitivamente eclissati!
Tant'è che il 3 dicembre del 1994, sempre su Repubblica, comparve un intervento polemico del lusitanista Silvano Peloso. Una reazione spropositata, la sua, come ebbi a riferire nella mia risposta del 6 dicembre ancora su Repubblica, poiché accompagnata da riferimenti all'attualità politica italiana che assolutamente nulla avevano a che fare con un'iniziativa editoriale. Il tutto espresso peraltro senza che Silvano Peloso avesse letto né il libro né la rivista, e viziato oltremodo da un equivoco: aver pensato e scritto che volessi classificare Pessoa come un pensatore fascista. Sempre in occasione di quella mia risposta su Repubblica così concludevo l'intervento (mi scuso per l'autocitazione!): «Per quanto sgradevole possa risultare ad alcuni studiosi italiani, non si può trascurare l'esistenza in Pessoa di un vero e proprio nucleo politico-ideologico, caratterizzato da accenti di dura critica alla democrazia, da un ferreo spirito elitario, da una serrata critica anti-borghese, da un tenace nazionalismo e da un'aperta simpatia per i regimi autoritari (il che non gli impedì, lui dapprima pagano e poi cristiano-gnostico, di essere anti-salazarista). Senza naturalmente considerare l'intreccio, a dir poco inquietante, tra sebastianismo e sidonismo, tra l'idea messianica del Quinto Impero e il mito politico-letterario del Super-Camões, tra monarchismo ed ermetismo politico. Elementi che configurano un pensiero politico sicuramente eccentrico e singolare, che ho sintetizzato con la categoria anarchismo di destra (spero che Peloso concordi sull'impossibilità di ridurre il termine destra a quello di fascismo). Può darsi che a Peloso tale categoria appaia inappropriata o fuorviante. Ne trovi un'altra se crede: la sostanza delle posizioni politiche di Pessoa non cambia, così come non cambia il delicato problema interpretativo che esse sollevano».
All'articolo di Silvano Peloso, e ancora una volta su Repubblica, avrebbe fatto seguito di lì a poco, il 24 dicembre, l'intervento nella querelle di Luciana Stegagno Picchio, con un articolo («Pessoa, il poeta degli equivoci») in cui, senza mai citare il mio nome e il titolo del libro da me curato, ricorreva all'anatema, organizzando tra le righe la mia pubblica fucilazione, peraltro con valutazioni discutibili riguardo le idee politiche di Pessoa. Con l'occasione, l'illustre e celebre lusitanista orchestrava anche la promozione di un libricino curato da un suo allievo, Ugo Serani, dal titolo Fernando Pessoa. Ultimatum (e altre esclamazioni) (Biblioteca del Vascello), messo in piedi alla bell'e meglio e viziato nella traduzione e nel commento da errori crassi, completamente privo di un apparato scientifico e con la quarta di copertina in cui si dà Pessoa come nato a Durban, in Sudafrica, allorquando anche i più sprovveduti sanno che lo scrittore portoghese nacque e morì a Lisbona.
Risultava ovvio che avevo toccato qualche nervo scoperto, spiazzando coloro i quali si arrogavano la pretesa di essere i depositari in Italia di Pessoa, gli unici autorizzati a tradurre, curare e interpretare l'opera del grande poeta e scrittore portoghese.
Per nulla condizionato o intimorito, non potevo di certo desistere, anche a rischio della mia carriera accademica, dal continuare quel che mi ero proposto: contribuire con tutte le mie forze e capacità a rimuovere il velo che per tanti anni in Italia era stato steso sul Pessoa cattivo e impubblicabile, traducendolo e proponendo un approccio alternativo alla sua personalità intellettuale, nella fattispecie al suo pensiero politico, ma non solo. Cosicché, supportato da un editore coraggioso, Antonio Pellicani, ho pubblicato un secondo volume di scritti di Pessoa, nel 1996, Politica e profezia. Appunti e frammenti 1910-1935, più un terzo e un quarto, entrambi nel 1997: le traduzioni, rispettivamente, dell'opera La vita plurale di Fernando Pessoa dello spagnolo Ángel Crespo (biografia da me riproposta, nel 2014, per la Bietti di Milano, in una nuova edizione ampiamente annottata) e quella dell'ode pessoana Alla memoria del PresidenteRe Sidónio Pais (con una nuova versione riveduta, data alle stampe nel 2010 dalle Edizioni dell'Urogallo di Perugia, e corredata di un mio saggio introduttivo), tra le più belle elegie mai scritte in lingua portoghese e dedicata al dittatore portoghese assassinato nel 1918. Infine, nel 2000, ho pubblicato il volume Fernando Pessoa. Economia & commercio impresa, monopolio, libertà (Ideazione Editrice), corredato, a mo' di postfazione, di un interessantissimo e illuminante saggio, L'«evoluzionismo commerciale» di Fernando Pessoa, del compianto Alfredo Margarido, scrittore, critico e accademico portoghese di fama, universalmente ritenuto uno dei massimi esperti di Pessoa, in particolare quanto al versante socio-politico ed economico della sua opera. Il volume, riproposto nel 2011 in una nuova versione riveduta (Edizioni dell'Urogallo), raccoglie tutti gli scritti da Pessoa dedicati all'economia, al commercio, all'industria, all'editoria e alla pubblicità.
Anche questi ultimi miei lavori hanno suscitato curiosità e interesse, con numerosissime recensioni e praticamente con due unici commenti negativi, entrambi espressi da Antonio Tabucchi in altrettanti articoli apparsi sul Corriere della Sera. Il primo, «Pessoa schiavo delle stelle. Fuga nell'occultismo per dimenticare Salazar» (luglio del 1997), era volto a recensire il volume Pagine esoteriche di Pessoa (Adelphi), curato da Silvano Peloso; ma un articolo nel quale, con l'occasione, a mo' di contraltare, l'illustre scrittore e lusitanista Tabucchi discettava al negativo del mio Politica e profezia, definendo il volume in cui ho raccolto, tradotto e commentato, tra appunti e frammenti di Pessoa, centoventinove testi una «manciata di pagine»; quando in realtà, con questo volume e con i restanti due già citati, Scritti di sociologia e teoria politica (1994) ed Economia & commercio (2000), avevo messo per la prima volta a disposizione del lettore italiano la traduzione integrale di oltre centottanta scritti pessoani, per un totale, fra i tre volumi, inclusi i vari apparati, di ottocentocinquanta pagine. Con il secondo articolo, «Pessoa. Un poeta contro il dittatore Salazar», apparso a fine maggio del 2001, Antonio Tabucchi, dall'alto della sua baronia accademica, sostanzialmente si era proposto di stroncare la mia carriera universitaria, sferrando alla mia persona, ai miei lavori e ai miei commenti sul pensiero pessoano un attacco più vicino al linciaggio che al dibattito culturale! Un'operazione talmente infelice e inelegante (semplici eufemismi!) da scandalizzare all'epoca un po' tutti, da destra a sinistra.
Voglio sperare che non si colga in questa mia succinta disamina sul caso Pessoa in Italia uno sfogo dettato da bassi risentimenti personali. Quando in realtà ho solo voluto rimarcare, in senso generale, come sia preferibile, per chi è particolarmente interessato a un determinato autore, acquisire più notizie possibili sulla sua opera e il suo pensiero, così da evitare il grave rischio di avere (o dare) di lui un'immagine parziale, distorta, in qualche modo fuorviante per una sua vera e totale comprensione. Ed emblematici in tal senso sono proprio l'opera e il pensiero di Fernando Pessoa, vista la non sempre possibile separazione del poeta dal teorico-politico, dal sociologo, dall'occultista e dallo scrittore interessato all'economia e al commercio.
Alla fine, ognuno, dopo aver rimosso quella pregiudiziale che vuole che nella cultura, così come nella politica, i buoni stiano tutti da una parte ed i cattivi tutti dall'altra, sarà libero di scegliere il Pessoa che più gli aggrada.
E questo, in virtù del fatto che non necessariamente l'artista che si occupa di politica si porta dietro la grandezza letteraria, né chi è interessato al Pessoa poeta deve obbligatoriamente condividere anche la sua posizione ideologica o i suoi ideali.
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