Loretta Goggi torna in Rai, ma è furente. L'altro ieri, dopo la presentazione della nuova stagione di Tale e quale show, dove sarà ancora una volta giudice (da stasera su Raiuno, conduce come sempre Carlo Conti), si è lasciata andare a un duro sfogo contro i vertici di viale Mazzini e Fabio Fazio che, dopo averla ospitata a Che tempo che fa, l'ha esclusa dal promo della trasmissione. «Io sono andata da lui in studio, ma non sono presente nello spot, con tutti gli altri ospiti. Devono aver faticato a togliermi. Ce li hanno messi tutti meno me! Una ricerca paurosa!». «Evidentemente non sono un nome di primo piano. Non sono un'icona, né un pilastro della Rai. Mi dispiace non essere stata inserita. Anche perché Fazio è una persona che ho scoperto io, ai tempi di Loretta Goggi in Quiz...». Intanto, Loretta sarà giudice per l'ultima volta - così sembra - dello show di Conti.
Cosa significa sedere per la settima volta al tavolo della giuria di Tale e Quale?
«La crisi del settimo anno. Scherzo. Ma neanche tanto: se ci sono ancora senza scalpitare per esserci - non che possa fare molto altro, in realtà - lo devo a Carlo. Mi ha fatto riflettere che questo sarà l'ultimo Tale e Quale vip. Il prossimo lo faranno concorrenti qualunque. Siamo insomma a una specie di passo d'addio».
Si sospetta che infierirete su Claudio Lippi, per anni impietoso giudice e stavolta inatteso concorrente.
«Figuriamoci! Anche se è vero che ogni volta che devo giudicare io entro in ansia. Riesco a restare davvero asettica? Oppure mi faccio influenzare dalla passione, dai pregiudizi, dai retropensieri? Boh. Chi lo sa».
Quant'è cambiata la tecnica dell'imitazione, da quando lei ne era la star indiscussa?
«Alla replica realistica tipo Noschese, basata sull'assoluta identità vocale, mimica e di trucco, s'è aggiunta quella impressionista, alla Gigi Sabani, che poggia più sul particolare caratterizzante, sul dettaglio evidente. Un po' come la caricatura rispetto al ritratto, ecco. Caro Gigi: sono dieci anni, che è scomparso».
E tornerà presto anche a fare film o fiction?
«Ultimamente ho rifiutato due film che poi, senza di me, hanno avuto successo. Scema? No: il fatto è che quei ruoli non mi spaventavano. Già: perché per accettare un ruolo io devo averne paura. Mi devono tremare le gambe, sudare le mani. Proprio allora è il momento in cui mi butto».
Quasi sessant'anni di carriera iniziò che ne aveva nove - e innumerevoli incontri. Quali i più memorabili?
«Ricordo Gino Cervi: in Maigret non sapeva le battute e se le scriveva sugli oggetti di scena, bicchieri, pantofole, pipe. Ricordo Alberto Lupo. Ci lavorai a 11 anni, e quando mi ritrovò a 18 sospirò: Peccato, non posso più tenerti sulle ginocchia.... Ricordo Paolo Stoppa: mi fece una sfuriata epocale perché era superstizioso e io in scena usavo una penna d'oca viola. Ricordo Virna Lisi: la più bella, così bella da spingerti all'adorazione. E poi Domenico Modugno, il più entusiasta della vita: la faceva amare anche a te. Giancarlo Giannini il più preparato, il più impegnato; Giorgio Albertazzi il più colto e fascinoso. Lui era Dante, io Beatrice. Non dicevo una sola battuta. Ma grazie a quel ruolo divenni famosa in tutta Italia».
In una carriera tanto multiforme, anche le esperienze insolite non si contano.
«Ah sì, sì: per forza. Pochi sanno, ad esempio, che ho fatto il doppiaggio: la voce del canarino Titti era la mia, mentre Gigi Proietti faceva il Gatto Silvestro. Nessuno ricorda che Massimo Ranieri faceva i fotoromanzi con me, o che Fiorella Mannoia era la mia controfigura nelle cavalcate della Freccia nera. Nemmeno lei: si cita sempre come controfigura di Monica Vitti e mai mia. Ah, e poi nel 1979 mi spogliai per Playboy. Beh, spogliata non proprio. C'erano vari veli nei punti strategici, ma insomma... Alberto Tarallo, oggi produttore di Gabriel Garko e allora truccatore, mi rese tutta sexy. Lo feci per ripicca. Ero stufa di essere considerata la Cinquetti della prosa».
Sembra che la sua marcia in più sia il senso dell'humor.
«Proprio così. Mio marito mi diceva: Sei l'unica donna che mi fa ridere. Me lo diceva anche Adriano Celentano, per la verità. Ma per motivi diversi».
Senza contare la sua battuta più famosa: «Ho avuto una sola sfiga.
Nascere negli stessi anni della Carrà».«E non è una sfiga? Lei era sexy, aveva i capelli ruotanti, l'ombelico-tortellino... Io ero una pischelletta qualunque, che doveva contare solo sul talento. Però sono ancora qui. Beh... niente male, no?».
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