La fine di un’epoca. Emilio Fede lascia il Tg4. Da oggi non sarà più il direttore del telegiornale che in questi anni ha creato così tanti dibattiti e così tante polemiche. La notizia è arrivata ieri in tarda serata, quasi a bruciapelo, in un brulicare di insinuazioni, sospetti, dicerie. In ogni caso, Emilio Fede, il direttore che per 19 anni ha mantenuto la redini del Tg4 è fuori. Fuori anche da Mediaset.
Il comunicato recita testuale: «In una logica di rinnovamento editoriale della testata, cambia la direzione del Tg4». E aggiunge la nota, in modo assai sibillino: «Dopo una trattativa per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non approdata a buon fine (da sottolineare il “non” - ndr), Emilio Fede lascia l’azienda. Mediaset lo ringrazia per il lavoro svolto in tanti anni di collaborazione e per il contributo assicurato alla nascita dell’informazione del gruppo. Giovanni Toti, direttore di Studio Aperto, è il nuovo direttore designato del Tg4». Fin qui le note ufficiali. Adesso iniziano le supposizioni. E prima delle solite euforie di chi in questi anni ha intravisto in Fede il male assoluto, forse è necessario ricordare che Emilio Fede è uno de giornalisti italiani che con più vigore hanno seguito la cronaca.
È nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1931, provincia della Messina più desolata, ha iniziato la collaborazione con la Rai nel 1954, ha trascorso otto anni in Africa (come corrispondente) prima ancora di condurre il Tg1 dal 1976. Da allora, volenti o nolenti, la sua storia è passata sotto gli occhi di tutti. Ha raccontato, come direttore del Tg1, la tragedia di Alfredino Rampi nel 1981, autentico caso che ha cambiato la storia della televisione italiana. Poi nel 1987 ha lasciato la Rai, dopo un processo per gioco d’azzardo, peraltro finito con la sua assoluzione. Da allora inizia il processo di avvicinamento a Mediaset (allora Fininvest), che diventa ufficiale nel 1989. Fede è una autentica macchina da guerra. Come direttore di Studio Aperto, il 17 gennaio 1991, sarà il primo ad annunciare l’inizio della Guerra del Golfo.
E poi comunque ha scandito i ritmi dell’informazione. Spesso sullo schermo. E talvolta fuori, come è accaduto in alcune vicende (anche giudiziarie) che hanno occupato i titoli dei giornali degli ultimi anni. Le Olgettine. Ruby. E il caso dei milioni di euro (due e mezzo per la precisione) che sarebbero stati presentati in contanti a una banca di Lugano e poi rifiutati perché «sospetti». Un episodio che negli ultimi due giorni ha fatto molto discutere. Prima con l’annuncio nudo e crudo. E infine ieri con le interviste che Emilio Fede ha concesso spiegando che, in sostanza, anche dentro Mediaset «tramano contro di me». Era evidente, a quel punto, che si fosse arrivati a un punto di rottura.
La formula diplomatica utilizzata da Mediaset non esclude quello che dopo pochi minuti tutta l’informazione web ha concretizzato nella più cocente delle formule: «Mediaset licenzia Emilio Fede». Al di là di qualsiasi interpretazione, da ambienti vicini a Cologno Monzese si può dedurre che, dopo trattative prolungate per tanto tempo al fine di trovare una risoluzione consensuale, non si è cavato il ragno dal buco. E quindi il contratto è stato risolto dopo univoca decisione di Mediaset. La fine di un’epoca. Adesso al glorioso direttore che da quasi quarant’anni è centrale nell’informazione italiana, sarà applicato il contratto nazionale. In sostanza, gli spetta la liquidazione e via andare. E, mentre Giovanni Toti assume - si potrebbe dire ad interim - anche la direzione del Tg4 insieme con quella di Studio Aperto, dilagano prevedibili le polemiche.
L’incredulità. E, politicamente schierata, la soddisfazione. Dureranno per i prossimi due giorni, giusto il tempo che questa sorta di anomala vacatio legis e di interregno tra Studio Aperto e Tg4 sarà risolta. Nel frattempo tocca affrontare il personaggio Emilio Fede, il giornalista spesso controcorrente, l’inviato di guerra, l’uomo che a 81 anni era comunque alla guida di un telegiornale a diffusione nazionale.
Con i chiari e con gli scuri, ha rappresentato una fase decisiva negli ultimi quarant’anni di informazione nazionale. E bisogna riconoscergli una ostinazione fuori dal comune. A favore di Silvio Berlusconi. E a tutela delle proprie idee e della propria impronta deontologica. E ora, forse, è troppo presto per darne una valutazione definitiva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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