Addomesticare cinematograficamente il capolavoro letterario di Tolstoj è un'impresa non facile già tentata, con alterni risultati, da circa una ventina di cineasti nel corso degli anni. Quella appena uscita nelle sale è una versione assai sperimentale dell'opera originaria ed è firmata dal regista Joe Wright su sceneggiatura di Tom Stoppard. I due hanno ambientato le diverse scene salienti del film all'interno di un medesimo luogo, un teatro, che appare a volte un vero e proprio palcoscenico, altre un ippodromo di provincia, una sala da ballo, un prato fiorito alla Monet. Una scelta all'inizio visivamente forzata e difficile ma che conquista presto, dando bene l'idea della società claustrofobica e chiusa rappresentata: un piccolo mondo in cui ognuno recita una parte e in cui si condanna ogni allontanamento dalle regole. La storia è nota. Anna (Keira Knightley) è sposata con un alto funzionario governativo, Karenin (Jude Law), al quale ha dato un figlio; quando le accade di innamorarsi dell'affascinante ma superficiale conte Vronskij (Aaron Johnson), non esita ad abbandonare il tetto coniugale dando scandalo e subendone le amare conseguenze.
Non c'è dubbio che le candidature all'Oscar nelle categorie cosiddette tecniche siano meritate: la musica del nostro connazionale Marianelli, le scenografie, la fotografia e i costumi concorrono nel trascinare lo spettatore in un caleidoscopio di bellezza. Il potenziale visivo è sicuramente ben espresso, ma quello emotivo giace sconfitto e sopraffatto da tanta pomposità. C'è coinvolgimento sensoriale ma mai viscerale; i protagonisti restano schiacciati dalla propria artificiosità e non comunicano particolari palpiti.
Keira Knightley è una donna dalle forme appena stilizzate ed anche la sua interpretazione di Anna Karenina è tutt'altro che corposa. L'attrice appare patinata come in uno spot di Chanel, di cui è testimonial nella vita, e non l'aiuta in credibilità indossare quasi sempre nel film una collana con l'iconica camelia del marchio. E' convincente negli occhi gioviali e innocenti che sfoggia quando è moglie e madre devota, ma durante l'innamoramento e la passione per Vronskij lo è molto meno, forse perché è davvero difficile anche per lo spettatore pensare si possa perdere la testa e poi la vita per l'insipido e inespressivo damerino cui dà il volto Aaron Johnson. Sorprende invece positivamente Jude Law, bravissimo nei panni del composto e quasi ascetico marito tradito. Completano il cast altri attori convincenti chiamati ad incarnare ciascuno un modo diverso di intendere il sentimento d'amore.
Quel che resta è un film lussureggiante che è una gioia per gli occhi e di cui è consigliata
la visione, purché non ci si aspetti di restarne toccati nel profondo. Il fatto che non commuova neppure nell'epilogo drammatico è indice che in tanto abbaglio formale si è smarrita la presa emotiva sul pubblico in sala.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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