Cultura e Spettacoli

Franco, il vigile di Totò e Peppino "Che ridere papà con quei due matti"

Gli sono bastati due minuti e mezzo di scenetta ("Noio volevam savuar"...) per diventare eterno. Ma la sua vita è stata più avventurosa di un film. E, come ha raccontato la figlia, con un finale a sorpresa

Franco, il vigile di Totò e Peppino "Che ridere papà con quei due matti"

Gli sono bastati due minuti e mezzo, appena qualche parola e nemmeno con la sua voce, per diventare eterno. Due minuti a mezzo, in piazza del Duomo, davanti alla Galleria, in divisa da vigile urbano, anzi da “generale austriaco, ma tanto siamo alleati…” diceva Peppino de Filippo, per diventare famoso per sempre anche se praticamente nessuno conosce il suo nome. Rispondeva: “Eh, ma bisogna che parliate l’italiano, perché io non vi capisco…”, a una delle domande cult della storia del cinema italiano, una domanda fatta da Totò: “Noio… volevam… volevàn, savuar, l’indiriss… ja!”

Franco Rimoldi, il vigile di Totò, Peppino e la malafemmina, non era vigile e alla fine non era nemmeno un attore. Aveva 35 anni e finito quel film che lo consegnava alla leggenda andò a lavorare alla Rinascente, proprio davanti alla sua piazza del Duomo, prima in tipografia, poi alla pubblicità dove è diventato capo reparto. E lì è rimasto per trent’anni. Eppure nessun vigile è più famoso di lui al cinema, non l’Otello Celletti di Alberto Sordi, non il Cecconi Bruno di Paolo Panelli o il vigile a cartoni animati Concilia di Carosello, quello del “Non è vero che tutto fa brodo” doppiato da Alighieri Noschese e Virgilio Savona, quello del Quartetto cetra.

Se ne è andato il 5 giugno del 2014 a 93 anni, tre mesi dopo lo ha seguito Iole, la moglie. Stavano insieme da sessantacinque anni, cinquantasette di matrimonio, non potevano vivere l’una senza l’altro. Lo ha raccontato la sua unica figlia, Sonia, che gli aveva regalato tre nipoti, Katia, Massimiliano e Marco. E che sei anni fa gli ha scritto una lettera aperta che Dipiù ha pubblicato nel 50mo anniversario della morte di Totò. “Vorrei parlare di te a tutta Milano. Molti personaggi famosi hai conosciuto… Con Walter Chiari, Bramieri, Totò, Macario, il quartetto Cetra, Sandra e Raimondo, le gemelle Kessler, alcuni dei quali venivano a casa con te… come il tuo amico del cuore Achille Togliani… che bravo musicista. Tu giovanissimi boy di Wanda Osiris, in prima fila, a sinistra, con quel tuo sorriso che non è mai cambiato…”

Ricorda: era molto orgoglioso della sua carriera di ballerino e ci rideva su: “Tutta una vita a ballare a teatro per essere ricordato solo per una scenetta”. Quella scena però, girata nel 1956, lo faceva sempre ridere e poi commuovere: era stato Totò, dopo averlo conosciuto a teatro, nella sua compagnia di avanspettacolo, a volerlo per interpretare il vigile. Lo chiamava “il buono”, doveva fare il ghisa serissimo e un po’ carogna “ma lui - ricordava la figlia - era un uomo allegro, che amava ridere e divertirsi”. Forse perché Rimoldi era un reduce della Russia, uno che aveva marciato per giorni nel gelo. Al ritorno pesava trentasei chili “e nonna faceva dire le messe per lui, pensava fosse morto”. In una vecchia intervista lui stesso ricordava: “Fui sbattuto in Russia col 38mo Reggimento Fanteria, Divisione Ravenna. Vengo ferito e fatto prigioniero. Dal 1942 al 1944 rimango nel campo di prigionia di Mosgà, in Siberia. Ci salvammo solo in tre…”
“Papà raccontava che hanno dovuto ripetere quella scena cinque perché continuava a venirgli da ridere”. La voce era di Nando Gazzolo, che milanese non era, ma ligure, che al cinema parlava al posto di David Niven, Richard Widmark, Henry Fonda in C’era una volta il West, Gian Maria Volontè in Per un pugno di dollari, Clint Eastwood nell’Ispettore Callaghan.

Certo non sarebbe male se per i 160 del Corpo i vigili urbani, e non solo loro, celebrassero la memoria del loro “collega” più famoso, di un simbolo, per due minuti e mezzo, di una Milano di mezzo secolo fa. Non si lascia nel silenzio un mito così”: “Ma da dove venite vo? Dalla Val Brembana…”

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