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All'inizio muore la speranza, e anche una giovane promessa del basket. Poi lo sguardo si allarga su un intero quartiere per raccontare la complessità di una metropoli (Chicago) e del melting pot a stelle e strisce. E la speranza, caparbia, un po' rinasce. Potrebbe essere questa, in estrema sintesi la trama di The Chi, firmata da Lena Waithe (nata nei quartieri poveri di quella città) e in onda su Fox (Sky, 112) dal 15 luglio alle 21 in prima visione assoluta (e disponibile anche in download se avete perso l'inizio). La serie mette sotto la lente d'ingrandimento la comunità del South Side di Chicago (il titolo è il nomignolo con cui gli abitanti chiamano la città) che detiene il triste primato di morti violente in America: due omicidi al giorno. Non è la prima volta, anche Shameless (8 stagioni partite nel 2011) è ambientata in quella periferia difficile.

Però in questo caso la visione è più corale, ha più le caratteristiche di un affresco. L'obiettivo, ambizioso, era sin dall'inizio quello di umanizzare le vite complicate di migliaia di persone che si arrabattano in questo quartiere ghetto e dare loro volto e storia: se no la loro unica visibilità sarebbe data da brutte foto nelle pagine di cronaca nera. La Waithe riesce in pieno nel suo scopo. Con una gran bella serie. Non stupisce, è stata la prima afroamericana ad aver vinto un Emmy per la sceneggiatura (Master of None) ma ora sta sfondando anche come attrice, grazie alla parte nell'ultimo successo di Spielberg, Ready Player One. E il fatto che anche avendo alla base una tematica chiaramente sociale si possa realizzare un prodotto di qualità dovrebbe far riflettere.

In Italia un tema così si sarebbe trasformato nella fiera del buonismo.

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