Cultura e Spettacoli

Morto Gabriel García Márquez, patriarca di Macondo

È morto il massimo autore del "realismo magico", premio Nobel nell'82. Dai suoi romanzi molti film di successo

Morto Gabriel García Márquez, patriarca di Macondo

Ieri fonti della famiglia hanno comunicato la morte dell'autore di Cent'anni di solitudine alla stampa colombiana. Gabriel García Márquez, che aveva compiuto 87 anni il 6 marzo scorso, è deceduto nella sua abitazione di Città del Messico. Era stato insignito del Nobel per la letteratura nel 1982.

A Macondo oggi le cam­pane hanno suonato a morto. La centenaria Ursula, in un sopras­salto di veggenza, ha gridato il no­me di Gabo (García Márquez), quindi è corsa alla cassapanca di noce per estrarre il vestito di raso nero custodito per il giorno della scomparsa; ha poi radunato i fi­gli e la schiera dei nipoti e proni­poti. Anche il vecchio colonnello Aureliano Buendía è rimasto fol­gorato sull’uscio di casa mentre usciva per andare a ritirare la let­tera della pensione. A presenzia­re al rito funebre ci sarà anche lo zingaro Melquíades, giunto in vo­lo dai pantani della Malesia, mentre Remedios la bella farà ca­dere dall’alto le bianche lenzuo­la con cui una sera d’estate era ascesa al cielo. Da molti anni gli abitanti di Macondo attendeva­no questo momento: seppellire il loro creatore e demiurgo.

Gabriel García Márquez (1928) negli anni Cinquanta si trasferisce in Europa, vivendo an­che un breve periodo a Roma, do­ve frequenta i corsi del Centro Sperimentale di Cinematogra­fia. Dopo il primo romanzo Fo­glie morte ( 1955), il successo lette­rario arriva con il lungo racconto Nessuno scrive al colonnello (1961).

È la storia dell’anziano co­lonnello Aureliano Buendía ­sempre in attesa di una fantoma­tica pensione- che rifiuta di ven­dere l’unico bene che possiede, un bellissimo gallo da combatti­mento, perché legato alla memo­ria del figlio ucciso. Personaggio di una moralità cristallina, sop­porta con grande dignità la mise­ria, divenendo il simbolo dell’uo­mo in lotta contro i rovesci della fortuna. Molti spunti del libro passano poi nelle narrazioni suc­cessive, in una serie di frammen­tazion­i e sviluppi che costituisco­no l’essenza stessa dell’arte nar­rativa di Márquez. Accade nel ro­manzo La mala ora , ambientato in un villaggio dove compaiono anonime denunce che provoca­no un’oscura serie di delitti. Man­ca ancora l’umore grottesco, l’esagerazione dissacrante e la di­mensione esilarante del fantasti­co: tutto è contenuto entro misu­re controllate, sebbene l’autore tenda già a dilatare il tempo in uno spazio ciclico medianti flash­back e anticipazioni. Domina il senso della morte e della putrefa­zione, mentre le alterazioni cro­nologiche e la ricorrenza di alcu­ne metafore ossessive fissano lo stereotipo di un clima al limite della sopportazione umana.

Motivi che ritroviamo nel li­bro I funerali della Mamá Grande , immerso in una calu­ra stagnante, tra odi e rancori che prefigurano una società chiusa e in preda ad allucina­zioni collettive. Fra i racconti spicca la figura della Mamá Grande, la vergine matriarca giunta alle soglie della morte, al cui funerale assiste un’incre­dibile folla di gente semplice insieme a personaggi impor­tanti ( tra cui il Papa). Il suo fisi­co enorme, colossale, è frutto di una visione ludica, caricatu­rale, raggiunta grazie al poten­ziamento dell’iperbole, l’enu­merazione, il ritmo alternante e iterativo: ingredienti presen­ti nel romanzo capolavoro Cent’annidi solitudine ( 1967).

La saga della famiglia Buen­día abbraccia cent’anni di sto­ria fino a giungere all’ultima generazione segnata dall’ince­sto e dalla nascita del bambi­no con la coda di maiale, che mette fine alla discendenza e al racconto. Il mitico villaggio di Macondo diventa il centro dell’universo e i vari Buendía­nel succedersi ed accavallarsi delle generazioni che ripeto­no gli stessi nomi e tratti carat­teriali- traducono costanti psi­cologiche umane, dove le don­ne so­no attente alla salvaguar­dia della casa, mentre gli uomi­ni si perdono nei labirinti del­la mente o fuggono inseguen­do­rivoluzioni e avventure sen­za ritorno. La narrativa di Gar­cía Márquez ha poi spostato l’epicentro della sua realtà ro­manzesca sulla costa caraibi­ca, sostituendo il mare alla fo­resta, continuando però a pro­durre opere significative, alcu­ne poi passate al cinema, co­me L’autunno del patriarca , Cronaca di una morte annun­ciata , L’amore ai tempi del co­lera e Dell’amore e di altri de­moni , che insiste sulla ricerca del sentimento d’amore, per giungere ai libri finali - che re­cuperano l’attività di giornali­sta dello scrittore o, come in Notizia di un sequestro (1996), il coinvolgimento di García Márquez nell’attuale situazio­ne della colombia.

In ultimo il grande affresco della memoria, i due volumi della biografia - il primo, Vive­re per raccontarla , si arresta agli anni della prima giovinez­za, mentre il secondo è solo an­nunciato - , segna il ritorno del moderno affabulatore, confer­mando le intrinseche qualità di uno scrittore particolarmen­te dotato. Segue il racconto Me­morie delle mie puttane tristi, del 2005, omaggio all’opera di Yasunari Kawabata, che se­gna un ritorno alla vena fanta­stica. Ancora il libro Non sono venuto a far discorsi ( 2010) riu­nisce 22 testi disseminati in un ampio arco di tempo.

Creatore di un microcosmo familiare in cui confluiscono storia e leggenda, realtà e ma­gia, passato e modernità, Gar­cía Márquez (premio Nobel 1982) resta una delle voci più alte e popolari del romanzo contemporaneo. Narratore lu­cido e attento, ha saputo resti­tuire al romanzo la sua autono­mia e capacità d’invenzione, affascinando i lettori di tutto il mondo. Discusso sostenitore della dittatura cubana, amico di Fidel Castro, lo scrittore co­lombiano ha cantato, attraver­so la suggestione del mito, l’immagine della realtà latino­americana, espressione del­l’emarginazione e della lotta politica, ma anche specchio deformante in cui si riflette la dolente condizione dell’uo­mo moderno.

Il silenzio degli ultimi anni ci aveva preparato al doloroso evento della sua fine,ma non c’è dubbio che le campane che oggi suonano nel villaggio di Macon­do annunciano a tutti la scom­parsa di uno dei più grandi scrit­tori del nostro tempo.

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