L'ultima spiaggia della CIA? È il cervello delinquente di Kevin Costner, che nel film d'azione Criminal (dal 13) impersona l'ergastolano Jerico Stewart, pezzo da forca sanguinario al quale l'Agenzia per antonomasia impianta la memoria e le capacità di un suo agente morto. Così la missione da compiere diventa ricordare, in testa le onde Teta che spaccano il cranio allo psicopatico, improvvisamente in grado di fare calcoli complessi e parlare diverse lingue: c'è da salvare il mondo dal cyber terrorismo. Nel thriller fantascientifico dell'israeliano Ariel Vromen (RX, The Iceman) c'è un cast stellare: da Tommy Lee Jones, qui dottor Franks che, nomen omen, trasforma in Frankenstein il povero Jerico, a Gary Oldman, cioè il capo londinese della CIA, ecco riuniti i tre bravi attori di JFK. Ma Costner, 61 anni portati con prestanza, spicca nel suo ruolo borderline, che inizialmente non voleva accettare. In questo film-popcorn dal lieto fine, la star di Balla coi lupi (7 Oscar, da regista esordiente) appare imbruttito, la testa piena di cicatrici, le mani sempre a mulinello: li stende tutti. A Roma, invece, Robin Hood si rilassa, riceve il Nastro d'argento internazionale alla carriera e va ospite di Laura Pausini e Paola Cortellesi, sul piccolo schermo di Rai Uno.
Come si è calato nel personaggio estremo di Jerico?
«Ho cominciato dall'aspetto fisico: avevo i capelli lunghi e la barba lunga, pensando che avrei girato la prima scena, quella in cui sto in prigione, legato a una catena... Invece, ho girato subito la scena in camera da letto e ho cambiato look. Per fortuna avevo sul set il maestro del trucco italiano Mario Michisanti, amico che mi segue ovunque. È stato lui a tagliarmi i capelli, a crearmi profonde cicatrici da criminale. Neanche i miei figli mi riconoscevano».
Nel film, assume la memoria di un altro. Personalmente, di chi vorrebbe avere la memoria?
«Mi piacerebbe sapere che cosa pensa mia moglie! A volte, non riesco a capacitarmi di quello che ha appena fatto, o detto. Quando amiamo qualcuno, ci assumiamo un rischio. Il grande rischio di perdere la persona amata. Coloro che non amano non corrono tale rischio e hanno una vita più semplice. Comunque, meglio amare pur sapendo che, un giorno, proverai un senso di perdita».
Che cosa, invece, vorrebbe dimenticare?
«Mi piacerebbe dimenticare cose che, però, costituiscono il mio essere. I miei errori mi appartengono quanto i miei successi. Tutti abbiamo in comune una cosa: non vogliamo mostrare a quanti amiamo le parti peggiori di noi. Certo, ho dei rimorsi, ma cerco di vivere la mia vita, ricordando errori che non voglio ripetere. Non mi piacerebbe dimenticare i nomi dei miei genitori, o dei miei figli. I ricordi sono il cuscino sul quale ci adagiamo».
È vero che non voleva accettare il ruolo da cattivo del protagonista?
«Inizialmente ero spaventato dal fatto che il regista potesse aver visto in me delle potenzialità da criminale. Il fatto è che Vromen m'aveva apprezzato in Un mondo perfetto, dove il problema del dualismo, della doppia personalità, usciva fuori. Da lì è nato tutto. Per me contano le storie da raccontare».
Con quale criterio sceglie i personaggi?
«La ragione per cui faccio film, è che voglio lasciare una traccia. Tutti noi abbiamo visto almeno un film che ci ha commosso, o ci ha insegnato a baciare, per esempio. Io cerco d'interpretare personaggi indimenticabili, come quello di Criminal, che resterà inciso nella memoria dello spettatore».
Criminal affronta il tema del terrorismo globale...
«Io sono molto arrabbiato per quanto sta accadendo nel mondo e per la situazione in cui ci troviamo.
Viviamo sotto minaccia, sono minacciati i nostri figli. Spesso mi chiedo: ma che sta succedendo al mondo? Non sono sufficientemente saggio da sapere che cosa fare. Però, dov'è il progresso? Come canta Marvin Gaye in What's Going On?, che sta succedendo?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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