Cultura e Spettacoli

Keith Haring, l’eterno "bambino radiante" che ci illumina ancora

Ribelle ma non sguaiato, innovatore ma vicino al sentire popolare. I suoi graffiti segnano il '900

Keith Haring, l’eterno "bambino radiante" che ci illumina ancora

Di lui ha scritto Timothy Leary, il guru della psichedelia: «Keith Haring è l'archetipo dell'artista del XXI secolo. Un secolo che sarebbe stato globale, che avrebbe fatto crollare i confini nazionali e geografici, un secolo senza tempo in cui gli abitanti del mondo avrebbero condiviso una quantità immensa di informazioni. Keith Haring poteva anche far discutere, ma non c'era nessuno a cui non piacesse. Sarà anche stato scioccante, sovversivo, offensivo ma tutti lo amavano. Tutti sapevano che era lui che dipingeva sui muri».

Keith Haring muore di Aids a New York il 16 febbraio 1990 a 32 anni e la sua scomparsa diventa simbolica della fine di un decennio che si è portata via i protagonisti principali dell'arte americana: nel febbraio 1987 Andy Warhol, nell'agosto 1988 Jean-Michel Basquiat, nel marzo 1989 Robert Mapplethorpe. Nessun maledettismo, però, nel profilo del giovane Keith, a cominciare dall'espressione simpatica, occhialetto tondo, look semplice da ragazzo, viso sbarbato, nessun segno evidente di protagonismo.

Nato il 4 maggio 1958, come tutti quelli cresciuti in una piccola provincia, a Kutztown, Pennsylvania, Keith sente fin da ragazzo la necessità di appartenere a un gruppo per evadere in qualche maniera alle costrizioni di una comunità cattolica e benpensante. Comincia con i boy-scout, poi il baseball, quindi sui tredici anni incontra il movimento Jesus Save: legge la Bibbia, l'Apocalisse e Addio Terra, ultimo pianeta di Hal Lindsey. E allora diventa un freak, un Jesus freak: si convince di poter rinascere e tenta di convincere anche gli altri.

Il suo modo di essere ribelle non è sguaiato, ma ironico e canzonatore. Anche nella sua prima mostra, al Pittsburgh Center of Arts nel 1976, dove tra i disegni compaiono immagini esplicite di sesso, i genitori cattolici e conservatori non possono accusarlo o sentirsi feriti, piuttosto complimentarsi per il suo lavoro ed essere orgogliosi del successo del figlio. In quell'anno arriva a San Francisco con Susan, la sua ragazza, in autostop, come un vero hippie. In California scopre l'universo gay e omosessuale: allora a San Francisco sta nascendo la più grande comunità gay americana che vive al Castro District. Poi, nel 1978, finalmente New York. Scopre i graffiti in strada e in metropolitana. Lo intrigano soprattutto quelle calligrafie che rimandano all'antica arte cinese e giapponese e ai pittori che aveva studiato a scuola: Dubuffet, Tobey, Alechinsky, Pollock, Klee, Ossorio.

Nel frattempo l'East Village ha visto il tramonto della cultura hippie e la prepotente affermazione della nuova scena punk-rock che si sta muovendo dall'Inghilterra verso New York. Tra i giovani è sentita la necessità di mettere in piedi una band: chiunque si incontrava e con i pretesi più assurdi, decideva di fondare un gruppo, soprattutto se non sapeva suonare. Oppure di fare l'artista, senza saper dipingere. Keith Haring entra in contatto con le realtà di colore, scopre un background completamente diverso dal suo e ne rimane affascinato: è l'universo funky, anima punk su musica nera. Si taglia i capelli cortissimi, indossa jeans due taglie più grandi, in radio dove fa il dj suona soprattutto black music e soul.

Nell'inverno 1980 inizia a disegnare graffiti per strada. «La mia tag era un animale che finì con l'assomigliare sempre di più a un cane, e poi inizio a disegnare un omino che camminava a quattro zampe e più lo disegnavo, più diventava The Baby». Poi arriva la grande mostra al Times Square Show che rivela la nuova generazione di street art, alcuni predestinati al successo - Basquiat, Haring, Rammelzee, Futura 2000, A One - altri passati come meteore. Prima di diventare un artista da grande galleria, a Keith interessa la diffusione popolare del suo segno. Stampa le tag su spillette e le regala in metropolitana. Vuole che le persone si avvicinino al suo mondo e che tutti possano possedere una parte del suo lavoro, anche chi ha pochi dollari e invece dei quadri può solo comprarsi una t-shirt. «Sarei stato io il gallerista di me stesso e avrei venduto a chi volevo io, mantenendo così la mia integrità e il mio distacco dal mondo dell'arte». Con gli interventi nella metropolitana diventa un vero e proprio fenomeno. I poliziotti lo amano e a fatica devano fargli la multa: «ne avrò prese più di cento e tutte regolarmente pagate». Una volta lo arrestarono, ammanettandolo, poi al distretto gli agenti, scoperto chi fosse, gli vollero stringere la mano.

Conosce Andy Warhol a una mostra alla Fun Gallery, nell'East Village. Andy lo porta alla Factory; nello stesso periodo incontra Madonna, che stava con Basquiat, al Paradise Garage. Adora i bambini e si considera egli stesso un «bimbo radiante». «Quel che mi è sempre piaciuto dei bambini è la loro immaginazione, una combinazione di onestà e libertà che permette loro di esprimere qualsiasi cosa gli passi per la testa. E poi mi è sempre piaciuto il loro senso dell'umorismo e l'incredibile istinto nei confronti di ciò che li circonda e di sentire le energie che provengono dalle persone, o forse per la mia faccia buffa, o perché mi comportavo come loro sono sempre stato amato dai bambini, e vedendomi ridevano sempre». Prima che dalle élite, Keith Haring si fa amare dalle persone comuni: «le mie opere entrarono nella cultura popolare prima che il mondo dell'arte si accorgesse che esistevo e così quest'ultimo non poté prendersi il merito di averle fatte riconoscere dalla gente».

Juan Rivera, il suo ultimo compagno, racconta che Keith amava le cose «normali», come guardare cartoon alla tv e mangiare a casa. «Devo dire che all'inizio il suo lavoro non mi sembrava così speciale ma quando glielo vidi fare - Gesù! - era stupefacente! L'energia sgorgava attraverso di lui: iniziava da un certo punto e quando aveva finito non si capiva come e da dove fosse partito! Tutto il lavoro era racchiuso in una grande immagine nella sua testa».

Aveva ragione William Burroughs: «Così come nessuno può guardare un girasole senza pensare a Van Gogh, nessuno può scendere nella metropolitana di New York senza pensare a Keith Haring. È questa la verità».

Sono passati trent'anni ed è ancora così.

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