La grande globalizzazione? Roba da Medioevo (islamico)

Una serie di saggi ci mostra come alcuni dei fenomeni che ci preoccupano oggi siano in realtà molto antichi

La grande globalizzazione? Roba da Medioevo (islamico)

Il presente è spesso una lente deformante. A esempio se parliamo dell'oggi la parola che più sembra descriverlo è globalizzazione. Un fenomeno politico, ma soprattutto sociale ed economico che sembra esserci piombato all'improvviso sulla testa. Ma è davvero così? Noi siamo di fronte, certo, a una accelerazione impressionante, però di globalizzazioni ce ne sono state tante. E la nostra è figlia della prima grande globalizzazione medievale.

Qualche esempio. Prendiamolo dal libro appena uscito dello storico Paolo Grillo, L'Europa e la globalizzazione medievale (Mondadori, pagg. 281, euro 22). I vichinghi avevano sicuramente raggiunto le coste del Nord America, abbiamo trovato i loro insediamenti. La loro era un'espansione portata avanti per dare la caccia alle zanne di tricheco, all'epoca principale fonte d'avorio per l'Europa e non solo. Insomma un villaggio vichingo costruito a Terranova o in Groenlandia, esisteva perché poteva far finire avorio sino a Costantinopoli. Poi trac. Tra il XII e il XIII secolo qualcosa cambiò di colpo. Tra il fiume Zambesi e il Lipompo nacque il regno di Mapungubwe. Fece dell'esportazione di zanne di elefanti un business. I mercanti arabi si misero a fare felicemente da tramite. Da loro, la merce passò in mano ai genovesi che avevano appena messo a punto come le altre città marinare italiane, la galea grossa, adattissima a portare le grosse zanne in ogni dove. Risultato? Il crollo economico degli insediamenti vichinghi in Groenlandia e di conseguenza dei loro avamposti per la pesca al tricheco in America.

Quindi quando qualcuno pensa di fermare gli effetti economici della globalizzazione è meglio che torni indietro di qualche secolo... Senza contare che un primo fondamentale passaggio globalizzante, un vero ponte tra oriente e occidente, era stato portato avanti, a fil di spada dagli arabi. Per accorgersene vengono utili due altri volumi di storia appena pubblicati: Le grandi conquiste arabe (Iduna) di John Bagot Glubb (1897-1986) e Il mondo islamico. Una storia per oggetti (Einaudi).

Il primo scritto da quello che è passato alla storia come Glubb pascià, ovvero il generale britannico che comandò la legione transgiordana tra il 1939 e il 1956, mette bene l'accento su quanto l'espansione araba sia stata un fenomeno velocissimo, capace di unire un mondo prima spezzato in due tra Impero bizantino e Impero persiano tra il 622 e il 750 dopo Cristo. Gli arabi sulla spinta di una missione religiosa crearono un enorme ponte tra Oriente e Occidente.

Un ponte globalizzante e ben poco arabo come scriveva Glubb già nel 1963: «Le prime e più drammatiche conquiste furono effettuate unicamente da arabi appartenenti a tribù nomadi. Poi poco alla volta, l'impero si sbarazzò di loro. Alcuni, stabilitisi nei territori conquistati, si erano sposati con razze diverse, amalgamandosi e disperdendosi; altri, rimasti nomadi nell'Arabia centrale, avevano finito per restare tagliati fuori dai centri di attività di quell'impero da loro stessi creato». Tanto che la storia delle conquiste arabe non è stata scritta da arabi. Nasceva così un mondo islamico che per secoli fu tutt'altro che integralista o univoco e in cui i globalizzatori armati erano stati la prima vittima culturale della globalizzazione.

E per rendersi conto della portata di questo fenomeno, niente di meglio che esaminare l'enorme quantitativo di cultura materiale generata dal mondo islamico ed è in questo che risulta utilissima la succitata Storia per oggetti. Dalla lavorazione dei metalli alle mattonelle ikhanidi decorate a lustro agli scacchi: i territori (e i mercanti) islamici si trasformarono in una centrale di produzione e di smistamento di beni di ogni tipo. Molti dei quali oggi farebbero rizzare i peli della barba ai seguaci di un moderno radicalismo islamico d'accatto che i grandi poeti sufi, come il molto scettico al-Ghazali, avrebbero preso a pernacchie.

Vi sembra tutto già abbastanza globale? Beh se leggete le pagine dedicata da Paolo Gillo all'espansione mongola vi risulterà evidente come Gengis Khan e i suoi eredi abbiano portato al culmine congiungendo tutta l'Asia quella globalizzazione. E fu un tremendo choc. Basta leggere i resoconti d'epoca di Maestro Ruggero e intitolati Carmen miserabile o Storia dei Mongoli di frate Giovanni da Pian del Carmine.

Si era aperta quella porta globale che seppero sfruttare mercanti come Marco Polo. Questa globalizzazione ante litteram si chiuse poi a metà del XIV secolo a causa di una serie di crisi e guerre. E ci volle un bel po' per riaprirla. Ed è anche questa una lezione della storia che dovremmo ricordare.

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