«Migranti. Televisione. Celebrità. Ci sono tutti gli ingredienti per una catastrofe. Perché non ha visto il pericolo?». Joseph Leubl interroga il suo sottosegretario. Sono entrambi della Csu, l'Unione cristiano-sociale che è arrivata a occupare il ministero dell'Interno, nella Germania post-Merkel. Una Germania che, con l'Europa, sembra avere risolto il problema dei migranti: niente più gommoni, niente più scafisti, niente più arrivi. L'Europa paga gli stati del Nord Africa affinché controllino i confini, così bene che il Sahara è diventato una linea invalicabile. A sud si estende un enorme campo profughi - per la verità molti sono lì, in attesa, da quindici anni - che ormai è una città di due milioni di persone. Senza futuro, perché i migranti sanno che pagarsi un viaggio (ormai solo in aereo, con «passatori di prima classe») ha costi proibitivi, che «il nuovo Merkel» ha chiuso le porte e lì possibilità di lavoro non ce ne sono, ma c'è la sicurezza, grazie a un governo corrotto che ama ricevere soldi dall'Onu e dall'Europa. E garantisce, all'Onu e all'Europa, di dormire sonni tranquilli.
Vabbè, tranquilli fino a quando laggiù, nel campo-lager, non viene spedita Nadeche Hackenbusch, la conduttrice più bella e famosa della tv privata tedesca, una che pensa solo allo stipendio, ai vestiti, a esercitare il potere e a farsi riverire, insomma una stronza con i fiocchi. Che però, appena mette piede nel lager, come i più ingenui degli occidentali quando scoprono che esistono anche i poveri, e i poveri, in effetti, vivono proprio nella miseria, si accorge che nel mondo ci sono Gli affamati e i sazi, come si intitola il nuovo romanzo di Timur Vermes (Bompiani, pagg. 512, euro 22; in libreria da oggi) e decide che lei, Nadeche Hackenbusch, non vuole più essere soltanto una dei sazi, anzi, la più sazia di tutti: vuole stare dalla parte degli affamati. E, complice un «migrante» senza nome (gli viene affibbiato dalla tv, per marketing, quello di Lionel), ma belloccio e con qualche ideuzza nella testa, la bella Nadeche si mette a capo di una lunga marcia di disperati, centocinquantamila migranti in cammino verso la Germania, al ritmo di quindici chilometri al giorno. Un reality salverà il mondo.
Ma fa tremare il governo tedesco. Il povero Leubl, oltre a dover ascoltare la nipote che vorrebbe votare Alternativ für Deutschland (il partito di estrema destra che in Sassonia l'altro giorno ha ottenuto il 27,8 per cento dei voti, e il 23,5 in Brandeburgo), è costretto anche a vedere Nadeche con il corteo infinito e minaccioso che avanza («Hanno mandato la modella sgualdrinella in uno dei punti più cruciali della terra») e quindi a bacchettare il suo vice, che non si era accorto della gravità della situazione. Perché la situazione, ben nascosta per anni sotto la sabbia del Sahara, ora sembra destinata a esplodere. Altro che «nessuna emergenza», come pensava il sottosegretario, memore di certi momenti caldi, per esempio «l'autunno in cui quella cretina ha fatto entrare i migranti nel paese» (il riferimento è all'accoglienza di un milione di migranti da parte di Angela Merkel, nel 2015). La marcia sarà inesorabile, anche se non si può dire come finirà; ma si può dire che il finale è inquietante, come inquietante è l'approccio dei singoli protagonisti, dall'arrivismo della televisione che pensa solo alle entrate pubblicitarie, alle manovrucce dei politici che cercano solo di fregare l'opinione pubblica e arginare la crescita dell'estrema destra e dei neonazisti di Pegida, dai giornalisti che si lamentano delle righe da scrivere a Lionel, il «migrante», che in tutto questo tremendo caos avrebbe voluto farsi portare in Germania dalla bella Nadeche, ma lui da solo, non certo con tutti quegli altri...
Nel romanzo di Vermes non ci sono
sconti per nessuno, nemmeno per i buoni convinti di compiere buone azioni ma, soprattutto, per chi continua a fare finta che i migranti non siano un problema o, nel caso, un problema che si possa seppellire sotto qualche duna.
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