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Gullotta: "Renzi in Arabia? Mi ha profondamente offeso..."

Intervista a 360° con l'attore siciliano: "Il Pd? Un partito confuso con mille correnti, mentre non credo alla conversione europeista di Salvini. Su Draghi..."

© Per gentile concessione di Giovanni Sempreviva
© Per gentile concessione di Giovanni Sempreviva

Quando Leo Gullotta ha fatto coming out nel 1995, erano davvero in pochi i personaggi famosi che dichiaravano la propria omosessualità in pubblico. La paura di essere allontanati dal mainstream la faceva da padrone, meglio non esporsi. Non per Gullotta: attore, doppiatore e imitatore - in una parola “interprete” così come lui stesso si definisce - che sull’ironia, sul sarcasmo e sulla libertà di pensiero ha costruito una carriera lunga cinquant’anni. Partito da un quartiere popolare di Catania, figlio di operaio, ha scalato le vette del teatro e del cinema; con le sue imitazioni (le più celebri quella di Maria De Filippi e Raffaella Carrà) è stato uno dei protagonisti del Bagaglino; ha vinto una quantità di premi che non basterebbe un’ora per citarli tutti e oggi a ilGiornale.it racconta il Gullotta pensiero che parte da un presupposto: “La politica in 30 anni non ha fatto nulla e la pandemia ci ha solo consentito di scoprire questo fallimento”.

Ma chi l’ha delusa di più?

“Non si può fare di tutta l’erba un fascio. Sono molti i politici che hanno dimostrato in questi anni di pensare più al proprio futuro che al futuro del paese”.

Ci faccia un esempio...

“Sicuramente Matteo Renzi. Il suo atteggiamento mi ha profondamente offeso come cittadino. Quando ha deciso di far cadere il governo Conte mentre morivano centinaia di persone, più che un politico è sembrato un bambino al quale avevano tolto un giocattolo che rivoleva a tutti i costi. Ma non è solo questo ad avermi indignato…”.

E cos’altro?

“Non ci sono parole per descrivere il suo comportamento nella questione Arabia Saudita. È andato da un assassino definendolo ‘un principe da invidiare’ (il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, ndr), ha parlato di ‘rinascimento’ e non ha detto una parola sul giornalista ucciso, Jamal Khashoggi… questo sarebbe il rinascimento? Merita solo una risatona di quelle con l’eco”.

E chi altro merita una “risatona”… Conte?

“No, secondo me, Conte ha fatto degli errori, ma ha interpretato al meglio la pandemia. Non era affatto semplice, piuttosto credo abbia avuto attacchi scomposti e cinici”.

Si riferisce agli attacchi che l'ex premier ha ricevuto dall’opposizione?

“Mi riferisco in particolare alle destre che hanno spesso usato insulti e toni da campagna elettorale”.

Ora però c’è Draghi e il governo delle larghe intese…

“Non si discute ovviamente il valore di Draghi. È un uomo importante che sa il fatto suo, molto fermo e deciso anche nella comunicazione. Ma non crederò mai alla conversione europeista della Lega”.

Non si fida di Salvini?

“Certo che no. È un bugiardo. Venerdì, per esempio, ha mostrato subito il suo intento, tenendo in ostaggio il consiglio dei ministri per tre ore. E poi lui - come quasi tutti i politici, chiariamo - è affetto da una malattia…”.

Una malattia?

“Sì, la ‘dichiarazia’, ovvero dichiarazioni a tutto spiano pur di attrarre consenso”.

E della sinistra invece cosa pensa?

“Quando Zingaretti si dimette e dice ‘mi vergogno’, vuol dire che c’è realmente da vergognarsi. Il Pd è un partito formato da mille correnti che ha una confusione totale. Non credo affatto alla sua unità”.

Una confusione che toccherà ad Enrico Letta ricomporre…

“Ho tirato un sospiro quando è arrivato, ma vediamo cosa sarà in grado di fare. Anche perché molti di quelli che l’hanno votato, sono gli stessi che l’hanno accoltellato ai tempi di Renzi. E comunque bisogna pensare a qualcosa di nuovo”.

In che senso?

“Stando chiusi a casa siamo bombardati da notizie, ma questo ci consente anche di fermarsi e riflettere. Bisogna vedere la pandemia come un’occasione per ripensare il sistema e capire dove si è sbagliato. Ma se ancora si parla del Ponte sullo Stretto di Messina…”.

È contrario al Ponte?

“Certo, prima del Ponte serve molto altro soprattutto alla Sicilia, una terra ancora sofferente”.

Ecco, ma allora dove si è sbagliato in passato?

“I tagli che abbiamo fatto per anni alla scuola, all’università, alla ricerca e alla sanità ci hanno poi penalizzato nel momento del bisogno e si sono dimostrati folli. Ora, per esempio, si comincia a parlare di autonomia nella produzione di vaccini… ma mi viene una domanda: perché solo adesso? Potevano pensarci prima…”.

Così come forse l’Europa poteva muoversi prima sui vaccini… non crede?

“Sì, ci sono stati interessi contrapposti e credo sia mancata esperienza da parte di chi si è seduto a trattare con le case farmaceutiche. Ma questo non deve assolutamente farci credere che l’Europa non sia importante. Anzi c’è bisogno di una direzione centralizzata che dia una linea uguale per tutti”.

Una linea uguale che non sembra abbiano le regioni…

“Esatto. Vanno un po’ tutte in ordine sparso ed è assurdo. Sulla vaccinazione serve un piano unitario”.

Ma lei si vaccinerà?

“Certo, credo fortemente nella scienza. Ho 75 anni e ho aspettato il mio turno. Ho avuto già la possibilità di prenotarmi qui a Roma e mi hanno dato appuntamento il 21 aprile per la prima dose. Così presto potremo tornare ad abbracciarci”.

E ad andare a teatro… è giusto che siano stati chiusi per così tanto tempo?

“Non credo sia stato giusto. I teatri e i cinema sono luoghi sicuri dove è possibile rispettare delle regole precise ed è facile evitare assembramenti. E poi non ci dimentichiamo che si sono migliaia di persone che vivono grazie al mondo dello spettacolo e che meritano rispetto. Come si fa poi a parlare di streaming rispetto al teatro...”.

Non sono compatibili?

“Non scherziamo. Hanno tempi diversi… a casa è tutto rallentato, ci si annoia”.

Della nuova generazione di attori chi le piace di più?

“Ci sono molti talenti che hanno imparato la lezione dei grandi attori degli anni ’60. Penso a Elio Germano, Favino, Giallini… solo per citarne alcuni. Ecco, quello che si fa nel mondo dello spettacolo, non si riesce a fare in politica".

Perché?

"Manca la cultura e la cultura si educa con le scuole di formazione. C'è poca attenzione nei confronti dei giovani e non dobbiamo scandalizzarci se molti di loro vanno all’estero anziché restare in Italia”.

In chiusura, lei ha fatto coming out nel 1995. Rispetto ad allora è più semplice dichiarare la propria omosessualità?

“Sicuramente, ma bisogna ancora lavorare molto. La legge sulle unioni civili è stato un primo passo, ma ancora molti omosessuali vengono insultati mentre passeggiano. C’è bisogno di una legge contro l’omofobia, una contro il femminicidio e perché no, una sullo Ius soli.

Credo sia arrivato il momento…”.

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