"Indagini e ancora indagini Questa volta vestito da prete"

L'attore superimpegnato a teatro e nella fiction L'ultimo Papa Re. Poi una nuova serie "noir"

"Indagini e ancora indagini Questa volta vestito da prete"

«Paragoni? No, no: non ne parliamo neppure. Non voglio neppure sentirla questa parola, “paragoni”». Eppure qualcuno la pronuncerà, quella parola. Soprattutto quando, assistendo a L'ultimo Papa Re - miniserie di Luca Manfredi, in onda a marzo su Raiuno - molti vi riconosceranno la stessa storia de In nome del Papa Re, film del 1977 di Luigi Magni. E ricorderanno che l'austero, ironico, caustico cardinale - interpretato nella fiction da Gigi Proietti - nel film era sostenuto da Nino Manfredi.
«Ah, la dannazione dei confronti! - sospira il grande attore romano - Inevitabili: siamo d'accordo. Ma forse inutili. Se ci fermassimo ai soli ricordi, finiremmo per dimenticare storie magnifiche che, invece, meritano di essere ancora raccontate».
Beh: sospesa fra realtà e romanzo, la storia de L'ultimo Papa Re (interpretata anche da Sandra Ceccarelli e Jerzy Sthur) ancora risulta - in effetti - ricca di fascino.
«È un meraviglioso gioco fra cronaca d'epoca - l'esplosione che, nel 1867 a Roma, provocò la morte di ventitré zuavi pontifici - dramma storico - il passaggio della Chiesa dal potere temporale al solo spirituale - e tormenti personali - la crisi umana d'un cardinale, monsignor Colombo, che del tutto inaspettatamente si scopre padre d'uno dei patrioti italiani autori dell'attentato. In questa storia c'è tutto: passione, avventura, psicologia. E ironia dal tipico sapore romanesco».
Nonché il «dannato» paragone con Nino Manfredi. Un grande romano di ieri davanti a un grande di oggi.
«A parte che Nino era ciociaro… il paragone fra me e lui neppure si pone. Con Manfredi non ho mai lavorato; umanamente l'ho conosciuto poco. Ma da semplice spettatore so che era grandissimo. Dunque non azzardo confronti. Anche se il figlio Luca, regista della miniserie, in proposito m'ha incoraggiato molto».
Come sarà, allora, il «suo» monsignor Colombo?
«Un personaggione! Temutissimo reggente di polizia, dall'arcigna fama di sbirro implacabile, ma colto proprio nel momento in cui tutta la sua dignità va a farsi benedire. Proprio lui, incaricato di difendere Santa Romana Chiesa, padre d'un bombarolo risorgimentale! La mattina torvo, la sera disperato. E nel frattempo caustico: impagabili i suoi duetti col “perpetuo” veneto, che nel film era il delizioso Carlo Bagno, e qui sarà l'incantevole Lino Toffolo».
E poi la Roma papalina: simbolo d'un modo popolare d'intendere la romanità.
«Alto e popolare assieme, direi. Ecco perché ho amato subito questa fiction: perché si richiama al mio modo stesso d'intendere lo spettacolo. L'unione di colto e popolare. Quando c'è la qualità, in scena non esiste dicotomia fra “alto” e “basso”. Esistono solo spettacoli buoni o spettacoli cattivi».
«Alto» e «basso» assieme sarà anche il suo prossimo impegno tv?
«Credo di sì: il mio ritorno in una lunga serie, nei panni d'un giornalista in pensione che s'improvvisa detective, con la manìa di riaprire casi irrisolti. E dimostrare che il delitto perfetto non esiste. Il titolo ancora non c'è; dovremo cominciare a girare nel prossimo ottobre».
Certamente «alto» e «basso» è il Pierino e il Lupo di Prokofiev, che il prossimo 17 febbraio la vedrà protagonista al Carlo Felice di Genova.
«Ah, lì l'unione dei due termini, poi, è fantastica! Che gli sarà passato per il cervello, a Prokofiev, quando ha inventato questo meraviglioso modo di coniugare didattica e svago musicale? In Pierino e il Lupo ogni personaggio della favola è interpretato da uno strumento. E la musica che ne viene fuori è una super-musica. Insomma: il pubblico si diverte, e intanto impara».
Anche perché nei panni del narratore c'è Gigi Proietti.
«Oh, beh: quello è poco merito.

Dopo aver saputo che in questo ruolo s'erano provati innumerevoli grandi - Eduardo De Filippo, Peter Ustinov, Danny Kaye, Roberto Benigni - ho avuto la tentazione (non lo nascondo) di prendermi un po' di spazio in più… Di fare il Gigi Proietti, insomma. Poi ho capito che un simile gioiello è intoccabile. Sposta una sola virgola, e viene giù tutto. Anche la voce del narratore è uno strumento: come tutti gli altri».

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