La (in)giustizia che punisce troppo o troppo poco

Giampietro Berti

T ra i problemi che affliggono la nostra Italia, quello dell'amministrazione della giustizia occupa, da sempre, un posto primario. Per questo il pamphlet del grande illuminista francese Voltaire pubblicato nel 1777 e ora tradotto e pubblicato per la prima volta in lingua italiana (Voltaire, Premio della giustizia e dell'umanità, a cura di Domenico Felice, Mimesis, 2015, pp. 125, euro 12,00), non ha perso attualità. Il quesito fondamentale attorno a cui ruota la riflessione di Voltaire - e, in generale, di tutto il filone dell'illuminismo giuridico - si può riassumere così: come unire il bisogno fondamentale della sicurezza della società, con la conseguente certezza del diritto e della pena, con il bisogno, altrettanto fondamentale, della libertà degli individui? Voltaire prende in esame alcuni reati considerati allora particolarmente gravi - l'omicidio, il furto, il sacrilegio, la stregoneria e altro - per sviluppare un discorso sulla proporzionalità delle pene, il valore delle prove e degli indizi a carico dell'accusato, e sul modo di acquisire le prove nel procedimento penale in uso a quel tempo, fondato sul modello inquisitorio.

Di qui la domanda: è il reo che deve provare la sua innocenza o è il giudice che deve dimostrare la sua colpevolezza? Egli denuncia l'accanimento ingiustificato della detenzione preventiva, molte volte unita all'uso disumano della tortura, specialmente verso quei misfatti che esistono più sulla carta e sull'inerte tradizione legislativa che nella realtà, svela l'insensatezza di tutte quelle condanne che si basano sul moralismo corrente e che poco hanno a che fare con la vera moralità. Prendendo in esame il rapporto fra la dimensione laica e la dimensione religiosa individua un problema che, in altra forma, si è ripresentato anche ai nostri giorni, ovvero la codina sovrapposizione fra il reato e il peccato, fra ciò che danneggia la comunità e ciò che riguarda l'ambito - invalicabile - della coscienza personale nelle azioni fra individui liberi, adulti e consenzienti.

L'importanza delle argomentazioni si può compendiare nell'idea della necessaria divisione fra i poteri dello Stato, in sintonia con le indicazioni formulate nello Spirito delle leggi di Montesquieu.

L'altro tema, tipicamente liberale, per non dire libertario, svolto da Voltaire è quello del dilemma - squisitamente etico-politico - formulabile in questo modo: è giusto ubbidire a leggi ingiuste, solo perché sanzionate dal potere, sia esso del monarca piuttosto che (oggi) del popolo?

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