"Io e il mio idolo Pozzetto Una strana coppia per esorcizzare la crisi"

Il comico presenta la miniserie Casa e bottega su Raiuno: "La missione di noi guitti è provare a rendere più leggera la vita"

"Io e il mio idolo Pozzetto Una strana coppia per esorcizzare la crisi"

Che talvolta la fiction s'ispiri alla realtà, è cosa nota. Che qualche fiction raccontasse la realtà della crisi, era inevitabile. Ma che un dramma come la crisi venisse raccontato da una fiction brillante, questo ancora non era successo. E allora eccoli, Nino Frassica e Renato Pozzetto, per la prima volta assieme, tentare di realizzare il modo migliore in cui - a ben vedere - si possa raccontare un dramma. Ridendoci su.
«Un momento - avverte Nino - detta così sembra che noi si prenda alla leggera un tema tanto doloroso. In realtà Casa e bottega, la miniserie che diretta da Luca Ribuoli presto andrà su Raiuno, resta una storia sostanzialmente seria. Solo che la raccontiamo io e Pozzetto. E allora finirà per scoprire i risvolti ironici, le sfumature grottesche».

Nonché profetiche. Nel primo bimestre del 2013 in Italia hanno chiuso ben 10.000 imprese; 167 al giorno. Una storia molto simile alla vostra. «Purtroppo. La storia dell'ingegner Mario Trezzi (Pozzetto) piccolo imprenditore del Nord che sul lago Maggiore commercia in biancheria intima. All'inizio non riesce a pagare gli stipendi; poi deve fare dei debiti; quindi finisce in mano agli usurai. Infine arriva a tentare il suicidio. Che c'è da ridere?, direte voi. Proprio qui sta il senso di Casa e bottega: sostenuto dalla moglie (Anna Galiena) e dal fratello di lei, Erminio (me stesso), dalla loro energia, dal loro ottimismo, dall'incitamento a non mollare, l'ingegnere saprà ritirarsi su».

Come a dire: combattete la crisi a colpi d'ottimismo?
«E con qualche sana risata. Questo Erminio, ad esempio, è un tipo positivo ma strano. Per aiutare il cognato si offre da fargli da autista. Solo che non sa guidare; non ha nemmeno la patente. E allora? A guidare sarà sempre l'ingegnere. Ma lui - con cappello, divisa gallonata, tutto - gli terrà compagnia».

Insomma. una risata seppellità la crisi.
«È la missione di noi guitti, di noi clown: rendere la vita un po' più leggera agli altri. E in fondo, anche riguardo questa crisi, cos'altro potremmo fare? Questo è il nostro contributo».

Ed è stato facile fare ridere sull'argomento?
«Abbiamo dovuto trattenerci. Io e Renato siamo vecchie volpi: l'istinto a scherzare su tutto è incontrollabile. Ma qui si trattava di trovare, secondo la difficile arte della commedia all'italiana, il mix giusto fra risate e lacrime. Quando sono in radio, in Meno male che c'è Radio 2 insieme con Simone Cristicchi, lì sì che posso scatenarmi. Ma in una storia così seria...».

Com'è nata l'idea di accoppiare due comici del surreale e del nonsense con molte affinità ma, finora, nessuna esperienza comune?
«Tutto merito di Pozzetto. Anche il soggetto è suo: “Ho scritto ho una storia bellissima - m'ha telefonato - ti piacerebbe farla insie..”. Non ha nemmeno finito di dire “insieme” che già avevo accettato. La sceneggiatura l'ho letta dopo, a fine riprese. Pozzetto è sempre stato il mio mito: figurarsi se gli dicevo di no!».

Lombardo candido ed imperturbabile lui, siciliano malizioso ed imprevedibile lei. Cos'è che vi rende colleghi?
«Un momento: noi non siamo colleghi. Pozzetto è il maestro; io l'allievo. Renato è sempre stato il mio idolo. Assieme a Cochi hanno inventando per primi quell'ironia scollata, quella logica illogicità che io adoravo e che ho cercato presto di assimilare».

Però nella comicità di Frassica c'è anche qualcosa di più ruspante.
«In questi giorni su Raidue, alle due di notte, vanno le repliche di Quelli della notte. A rivedermi, quand'ero giovane e inesperto alla corte di re Arbore, mi faccio tanta tenerezza. Però capisco anche come ho fatto a sfondare.

È vero: anche se basata sul nonsense, la mia è una comicità popolare. Lo capiii quando la gente per strada cominciò a riconoscermi: “C'è Scasazza! C'è il frate Scasazza!”. Comicità popolare vuol dire: alla portata di tutti. E questo è un onore, per me».

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