L'atrocità del male secondo «il mostro»

di Fatih Akin con Jonas Dassler, Margarete Tiesel, Marc Hosemann,Hark Bohm

Un film drammatico che diventa horror, come quell'orrore che si sono trovati di fronte i pompieri, intervenuti (era il quindici luglio del 1975), in un appartamento di Ottensen. Mentre erano impegnati a spegnere un incendio, i vigili del fuoco ritrovarono, in alcune buste, resti, in putrefazione e nauseabondi, appartenenti a varie donne, nascosti nello stanzino di un lurido attico appartenente a Fritz Honka. È il bottino del cosiddetto «Mostro di St. Pauli», serial killer con almeno quattro omicidi efferati riconosciuti, del quale Fatih Akin ricostruisce la storia criminale, frutto di una insana ossessione per il sesso, inasprita dal suo alcolismo. Di solito erano prostitute che frequentavano, come Honka, il «Golden Glove» (che dà il titolo originale al film), un laido bar di un quartiere a luci rosse, i cui clienti rappresentano la chiave di lettura della pellicola, controversa, di Akin. Sono, infatti, personaggi segnati dalla Seconda Guerra Mondiale, emarginati nella Germania del boom economico, fantasmi traumatizzati che annegano i loro giorni, tra rimpianti, tentativi di dimenticare, mancanza di prospettive. Prostitute sfatte, disposte a tutto in cambio di una bottiglia di gin, vengono rimorchiate da Honka, deturpato in volto a causa di un incidente, respingente, deriso. Le porta a casa e, dopo non essere riuscito a consumare sesso con loro, le uccide selvaggiamente, con una rabbia che monta inaspettata, facendole poi a pezzi, conservando la testa (usata per il sesso orale) e parti del corpo. Un film crudo, che non lascia spazio alla fantasia, ma che descrive, fin troppo minuziosamente, non solo quel microcosmo tra dentiere, rughe, cicche di sigarette, alcol della più infida qualità, obesità, ma anche i delitti stessi.

Una pellicola che, a pelle, può risultare respingente, che ti fa venir voglia di ripulirti dallo sporco che proviene dal grande schermo. Se siete, quindi, persone sensibili, state alla larga dal lungometraggio. Gli altri, vedranno la riproduzione del male nella sua forma peggiore. Un film che divide perché rischia, senza fare sconti.

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