(Parigi) 23 febbraio 1859
Mio caro amico, Vi ringrazio per la vostra gentile lettera.
In effetti ritengo di essere stato bassamente (volgarmente) insultato dal sig. Babou; il che mi stupisce un po'. Dodici anni fa elaborò una teoria simile, da cui risultava che temevo di compromettermi. Egli la tiene in serbo, e l'applica per l'occasione. Quest'uomo mi pare invidioso, ed ha una mente contorta. Ai giorni nostri, l'Invidia non porta serpenti sulla testa, ma ha un colorito da couperose, mostra un sorriso che somiglia a una smorfia, e soffre, cercando di essere gradevole, per il fatto di portare uno di quei nomi che non susciteranno mai un clamore: giacché si chiama Babou.
Mi ha già attaccato una volta sull'Atheum a proposito della migliore amica che io avessi Madame d'Arbouville, e, parlando di un ritratto di questa donna affascinante e rimpianta fatto da de Barante, e che è una vera nullità, egli ha dichiarato quel ritratto ben superiore a quello che io avessi fatto, che io avrei potuto fare, se ne avessi fatto uno (...).Lavorate, mio caro amico, placate l'animo; sappiate bene che siete dotato a sufficienza di spirito e distinzione da non dovervi mai preoccupare di provare agli altri che ne avete abbastanza.
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